“Evangelii Gaudium. Il sogno di una Chiesa sinodale e missionaria”: questo il tema del convegno eccesiale diocesano, che si è svolto dal 23 al 25 settembre. I lavori, presieduti dal vescovo, monsignor Gennaro Pascarella, sono iniziati nel pomeriggio di venerdì 23, nella parrocchia Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe a Pianura. La relazione è stata curata da fratel Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose (nella foto a sinistra, vicino il vescovo monsignor Pascarella) ed è stata aperta a tutti, non solo ai convegnisti.
La giornata di sabato 24, invece, è stata rivolta ai convegnisti, che si sono ritrovati nella parrocchia Maria Regina della Pace a Quarto. Nella mattinata i partecipanti hanno lavorato suddivisi in gruppi di lavoro, i cui risultati sono stati presentati in assemblea nel pomeriggio. I laboratori sono stati strutturati tenendo conto delle “cinque vie” che hanno rappresentato l’impalcatura del quinto convegno ecclesiale della Chiesa italiana (che si è svolto a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015), ispirandosi ai cinque verbi della Evangelii Gaudium: Uscire, Annunciare, Abitare, Educare e Trasfigurare.
Ai partecipanti è stata consegnata una scheda dal titolo “Cinque vie, un nuovo umanesimo”, elaborata da Chiara Giaccardi (membro del comitato organizzativo del convegno di Firenze), che ha riassunto le prospettive di ogni ambito.
Andare incontro agli altri per purificare la fede: uscire implica apertura e movimento, lasciare le porte aperte e mettersi in cammino; è importante ascoltare anche chi non la pensa come noi, non per convincerlo ma per lasciarci interpellare, senza paura di perdere qualcosa; senza apertura non c’è spazio per nient’altro che noi stessi
Testimoniare il Vangelo con la vita: annunciare non è sinonimo di “enunciare”: comporta dinamismo appassionato e coinvolgimento integrale di sé, che il Papa riassume in 4 verbi: prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare.
Costruire dimore stabili aperte al mondo: abitare in tante lingue è sinonimo di “vivere”, perché solo l’uomo abita: non si limita a scavare una tana per sopravvivere ma, mentre si adatta all’ambiente, lo plasma secondo i significati che ha ereditato e condivide con il proprio gruppo; abitare traduce nella concretezza dell’esistenza il “di più” che distingue l’uomo dal resto dei viventi e si esprime costruendo luoghi stabili per l’intreccio delle relazioni, perché la vita fiorisca: non solo la vita biologica, ma quella delle tradizioni, della cultura, dello spirito.
Tirar fuori la passione per ciò che è vero e bello: educare è il tema scelto dalla Chiesa per il decennio 2010-2020; l’umanesimo oggi deve essere «integrale e integrante» (Laudato si’ 141) perché «tutto è connesso»; occorre uscire dai luoghi comuni, dal dato per scontato, riscoprire la meraviglia e la passione per ciò che è vero e bello.
Sviluppare la capacità di vedere oltre i limiti umani: trasfigurare è ciò che compie Gesù quando, dopo aver vissuto fino in fondo la propria umanità morendo in croce, rivela la propria natura divina apparendo ai discepoli nello splendore della luce; loro vorrebbero abitare stabilmente quel tempo-luogo, ma sono invitati ad andare nel mondo come testimoni. Trasfigurare, sintesi delle cinque vie, non è un’azione in nostro potere. Possiamo solo metterci a disposizione, fidandoci e lasciandoci portare dove non sapremmo mai andare da soli. La via della trasfigurazione è via di bellezza, che rivela l’unità profonda tra bontà e verità, terra e cielo; rende capaci di vedere oltre i confini delle cose, cogliendo l’unità profonda di tutto.
Nel convegno nazionale la comunità ecclesiale è stata invitata a incamminarsi lungo queste cinque vie, partendo da un esame di coscienza, “prendendo tutto ciò che viene dal documento di Papa Francesco per farlo diventare vita” (come aveva sottolineato il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galatino).
A conclusione della tre giorni della diocesi di Pozzuoli, il vescovo, monsignor Gennaro Pascarella, ha presieduto la celebrazione eucaristica finale nella serata di domenica 25, nella parrocchia Sacra Famiglia a Pianura. Durante la Santa Messa il presule ha conferito il mandato agli operatori della catechesi, liturgia, carità e cultura.
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Enzo Bianchi è nato il 3 marzo 1943 a Castel Boglione (AT) in Monferrato. Dopo gli studi alla Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, alla fine del 1965 si è recato a Bose, una frazione abbandonata del Comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, ha scritto la regola della comunità. È a tutt’oggi priore della comunità la quale conta un’ottantina di membri tra fratelli e sorelle di cinque diverse nazionalità ed è presente, oltre che a Bose, anche a Gerusalemme (Israele), Ostuni (BR), Assisi (PG), Cellole-San Gimignano (SI) e Civitella San Paolo (RM). Nel 2000 l’Università degli Studi di Torino gli ha conferito la laurea honoris causa in “Scienze Politiche”. Ha partecipato come “esperto” nominato da papa Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla Parola di Dio (ottobre 2008) e sulla Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana (ottobre 2012). Nel 2014 Papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Nel 2007 ha ricevuto il “Premio Grinzane Terra d’Otranto”, nel 2009 il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro Il pane di ieri, nel 2013 il “Premio internazionale della pace”, nel 2014 il “Premio Artusi”.
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(foto di Raffaele Esposito)