Grande successo della prima edizione del Salone dei vini “a piede franco”, realizzata nell’ambito dell’undicesima edizione di Malazè, la manifestazione enoarcheogastronomica che ha coinvolto in lungo ed in largo i Campi Flegrei a settembre.
Ma specifichiamo cosa sono i “vini a piede franco”. Si definiscono “a piede americano” tutti quei vini provenienti da vigne innestate su radici americane in seguito ad una terribile malattia che si diffuse con violenza in tutta Europa, distruggendo l’apparato radicale delle piante della stragrande maggioranza dei vigneti di tutto il vecchio continente. Un contagio senza precedenti che si diffuse senza via di scampo alcuno, vanificando il lavoro di migliaia di agricoltori, finché non si trovò un rimedio consistente nell’innesto delle piante europee su barbatella americana: nel corso dei secoli, infatti, la vite selvatica americana, aveva imparato a difendersi, e gli innesti di radici americane su viti europee permisero di recuperare gran parte dei vigneti di tutta Europa. Oggi il 90% delle vigne europee ha, dunque, il famoso “piede americano”, mentre a “piede franco” possono considerarsi tutte le vigne con radici antiche, che si incontrano in zone montane, su terreni sabbiosi (ad es. lungo le coste), su quelli di origine vulcanica. L’area dei Campi Flegrei è una delle poche in Europa ad aver mantenuto la maggior parte dei vitigni con radici originali.
Ritornando a Malazè, l’idea di organizzare un salone dedicato ai vini a piede franco – primo nel suo genere a livello nazionale – ha rappresentato un vero e proprio evento nell’evento. Nato dalla sinergia tra i sommelier dell’AIS Campania, Slow Food Campi Flegrei e il Consorzio Tutela vini dei Campi Flegrei, Ischia, Capri, ha avuto come principale obiettivo quello di far conoscere gli antichi vini flegrei ed il loro territorio di provenienza, spesso ignorati a livello nazionale proprio perché semplicemente poco conosciuti. “Un viaggio nel bicchiere alla ricerca dei territori in cui la fillossera è stata sconfitta, per approfondire i differenti fattori (granulometria del terreno, clima e barriere biologiche) che hanno fermato, in Italia e nel mondo, la diffusione della fillossera” recita l’incipit del seminario di apertura, dedicato ad una delle più grandi battaglie fitosanitarie di tutti i tempi.
Alcuni dei vini flegrei possono fregiarsi della denominazione “Campi Flegrei DOC”, che individua l’area di produzione tra i comuni di Procida, Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, parte di quelli di Marano e parte di Napoli – ma è importante sottolineare che nel 2015 al Consorzio dei Vitivinicoltori dei Campi Flegrei si sono aggiunti anche i produttori dell’isola d’Ischia e di Capri, facendo passare il numero degli aderenti al consorzio dai 150 iniziali dei soli Campi Flegrei a 270 totali. Finalmente, dunque, qualcosa si muove a livello di imprenditoria locale grazie all’avvio di forme collaborative che non possono che giovare ad un’economia locale costretta troppo spesso a soccombere ai vincoli di mercato. Perché, se è vero che il trend di oggi fa registrare un ritorno alla moda del cd. vino libero (privilegiando soprattutto le micro-produzioni a livello locale) nel caso della vitivinicoltura flegrea, la frammentazione in piccoli produttori locali non ha mai portato allo sviluppo di tutte le potenzialità enologiche dell’area. Occorre guardare oltre, dunque, e augurarsi che il Consorzio dei Vitivinicoltori dei Campi Flegrei, e con esso tutti gli attori coinvolti a livello enogastronomico, possano continuare sulla strada intrapresa: lo sviluppo delle potenzialità turistiche dell’area flegrea, potrebbe anche partire da qui.
Simona D’Orso