Viviamo in un’era dove la comunicazione troppo spesso si è trasformata in uno strumento di scontro anziché di dialogo, dove le parole diventano frecce scagliate per ferire piuttosto che pixel che compongono un mosaico di comprensione. Il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ci richiama con forza a una missione più alta: condividere con mitezza la speranza che abita nei nostri cuori.
Il nostro compito è prezioso e delicato: siamo chiamati a essere registi di connessioni umane, narratori di verità, traduttori di esperienze in un mondo frammentato. La nostra professione non è solo raccontare gli eventi, ma restituire dignità alle storie, dare voce a chi non ne ha, illuminare gli angoli bui della realtà con uno sguardo di speranza.
La mitezza non è debolezza, ma la forza più rivoluzionaria che esista: è la capacità di ascoltare prima di giudicare, di comprendere prima di condannare, di cercare sempre il dialogo anche quando sembrano prevalere la contrapposizione e il conflitto.
Come cristiani, sappiamo che la speranza non è un’astrazione, ma si incarna nella comunità, nelle relazioni, nelle storie concrete. È Cristo stesso che ci chiama a trasmettere una comunicazione che guarisce, che riconcilia, che genera vita.
A noi giornalisti, donne e uomini della comunicazione, l’augurio di essere profeti di speranza: di usare la penna, il microfono, la telecamera, i social come strumenti di fraternità, di verità, di connessione profonda.
San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, che si ricorda il 24 gennaio, ci ispiri sempre: con intelligenza, creatività e soprattutto con mitezza.
E che il nostro racconto sia come un faro nella notte: non un fascio di luce che abbaglia, ma una luce gentile che orienta, che riscalda, che accompagna i naviganti stanchi verso la riva della comprensione.
Doriano Vincenzo De Luca