Occorre riconoscere al malato la piena dignità di persona. Cristo, identificandosi con il malato, conferisce a chi soffre una dignità umana non da tutti riconosciuta. Non a caso Papa Francesco contrasta l’attuale “mentalità dello scarto”.
Ecco l’importanza di educare i giovani al volontariato, ad accudire i malati, perché è un’esperienza molto forte che risveglia le belle emozioni dell’uomo. Il segreto della nostra felicità è nel far felici gli altri, ricordandoci quello che disse il Signore: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35).
Nella Comunità “Sacra Famiglia GeMaGi”, si sottolinea la forza della fede applicata alla vita e il valore del pregare con il malato quando lo si visita. Se una persona sta molto male è cosa buona e santa suggerire al malato e ai suoi parenti di chiamare il presbitero. Non dobbiamo aver paura di farlo. Se abbiamo le idee chiare il malato non si spaventerà, tutt’altro. Questo sacramento è stato istituito da Cristo misericordioso per venire incontro agli infermi, è fatto per la guarigione dell’anima e, secondo la volontà di Dio, anche del corpo.
La testimonianza dell’esperienza della Comunità Sacra Famiglia è stata illustrata anche nell’ambito di un convegno che si è svolto nel Comune di Lusciano (nella foto). Il termine “caregiver” indica “colui che si prende cura”. Costituisce una figura rimarchevole nella visione olistica dei percorsi assistenziali dell’ammalato. Di fatto, visitare i malati è un’azione difficile, faticosa, spesso tralasciata per tante ragioni che sembrano esonerarci dalla concreta condotta nei loro confronti. Per superare i momenti di “stanchezza”, il badante ha diritto a trovare spazi di spiritualità e momenti anche di svago. Nell’aiuto ai malati bisogna vincere la paura accettando la propria impotenza. Ha affermato Benedetto XVI: “Il coraggio di affrontare il male disarmati con la sola forza della fede e della speranza nel Signore, non è un miracolo che la grazia di Dio suscita continuamente in tante persone che spendono tempo ed energie per aiutare chi soffre?”.
La sofferenza vissuta con fede è trasformata da Cristo in forza che comunica vita. Il conforto della fede aiuta i sofferenti a guardare la malattia con gli occhi di Cristo Crocifisso e a sentirsi partecipi della salvezza del mondo.
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IL TERMINE CAREGIVER indica “colui che si prende cura”. Figura rimarchevole nella visione olistica dei percorsi assistenziali dell’ammalato. Di fatto, visitare i malati è un’azione difficile, faticosa, spesso tralasciata per tante ragioni che sembrano esonerarci dalla concreta condotta nei loro confronti. Per superare i momenti di “stanchezza”, il badante ha diritto a trovare spazi di spiritualità e momenti anche di svago. Nell’aiuto ai malati bisogna vincere la paura accettando la propria impotenza. Ha affermato Benedetto XVI: “Il coraggio di affrontare il male disarmati con la sola forza della fede e della speranza nel Signore, non è un miracolo che la grazia di Dio suscita continuamente in tante persone che spendono tempo ed energie per aiutare chi soffre?”.
OCCORRE UNA VISIONE OLISTICA DELL’AMMALATO. L’assistenza per la guarigione del corpo non può essere separata dalla guarigione dell’anima e dello spirito dell’uomo. L’uomo è un sinolo, tra queste tre dimensioni c’è una unità inscindibile, non a caso ci sono molte malattie psicosomatiche. Parafrasando il tema del convegno “Curarsi Per Curare” possiamo anche dire: “Amarsi Amando”. Poiché, amiamo noi stessi solo quando amiamo gli altri. Quando siamo malati diventiamo deboli anche se eravamo forti, diventiamo bisognosi anche se eravamo autonomi. La malattia è parte integrante della nostra vita. Spesso è tempo in cui risuonano in noi le domande circa il senso dell’esistenza. Scoprendo che nessuno soffre una malattia per il peccato commesso e da questo male Dio ne trae misteriosamente sempre un bene.
PERCHÉ VISITARE GLI INFERMI? Parola chiave del caregiver: “l’avete fatto a me…”. Cristo nel dire “l’avete fatto a me” si identifica con il malato, e non con il visitatore. Infatti leggiamo in Matteo: “Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, perché… ero malato e mi avete visitato”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto malato e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,34-40). Inoltre, il libro del Siracide (7,35) ci rivela la stupenda immagine di un Dio che si prende cura di chi accudisce l’ammalato: “Non esitare a visitare gli ammalati, perché proprio per questa azione sarai amato”. L’uomo che ha cura del debole sarà ripagato dal Signore: “Beato l’uomo che ha cura del debole: nel giorno della sventura il Signore lo libera…” (Sal 41,2-4). È certo che quando ci avviciniamo a un infermo incontriamo sempre Gesù, è Lui che visitiamo.
PURTROPPO C’È UN GRANDE MALE POCO CONOSCIUTO: “IL PECCATO DI OMISSIONE”. Lettera di Giacomo (4,17): “Chi sa fare il bene e non lo fa, commette peccato.”. Non basta non fare il male, Gesù ci dice che saremo giudicati dall’amore che abbiamo donato. DIO È AMORE (Amore = dal latino a-mors = senza morte) e ci ha dato il potere di fare cose eterne.
OCCORRE RICONOSCERE AL MALATO LA PIENA DIGNITÀ DI PERSONA: egli è una persona, prima di essere un malato. Cristo identificandosi con il malato, conferisce a chi soffre una dignità umana non da tutti riconosciuta (Papa Francesco denuncia l’attuale “mentalità dello scarto”). Educhiamo i giovani al volontariato, ad accudire i malati, perché è un’esperienza molto forte che risveglia le emozione belle dell’uomo. Il segreto della nostra felicità è nel far felici gli altri, ricordandoci quello che disse il Signore Gesù: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35).
Il Cristianesimo diventa debole quando la comunità delega la cura dei malati agli ospizi. Il luogo naturale per una morte dignitosa è la propria casa, circondati dall’affetto dei propri cari. La fede è qualche cosa di molto concreto; è stata importante la testimonianza di una donna (tra le tante) che, grazie al cammino di fede nella Comunità “Sacra Famiglia GeMaGi”, riesce ad accudire con amore giorno e notte la madre molto ammalata. Come con la forza della fede applicata alla vita, san Francesco da semplicemente un uomo che pregava, è arrivato ad essere un uomo diventato preghiera; così diventano le persone che assistono con amore gli ammalati.
Il CAREGIVER E IL SACRAMENTO DELL’UNZIONE DEGLI INFERMI. Il valore di pregare con il malato quando lo si visita: “Chi è malato (scrive San Giacomo) chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore…” (Gc 5,14-15). Quando una persona sta molto male è cosa buona e santa suggerire al malato e ai suoi parenti di chiamare il presbitero. Non dobbiamo aver paura di farlo! Se abbiamo le idee chiare il malato non si spaventerà, tutt’altro! Questo sacramento è stato istituito da Cristo misericordioso per venire incontro agli infermi, è fatto per la guarigione dell’anima e, secondo la volontà di Dio, anche del corpo.
LA SOFFERENZA VISSUTA CON FEDE È TRASFORMATA DA CRISTO IN FORZA CHE COMUNICA VITA. Il conforto della fede aiuta i sofferenti a guardare la malattia con gli occhi di Cristo Crocifisso e a sentirsi partecipi della salvezza del mondo.
La fede “addolcisce” la sofferenza e per grazia la malattia acquista un valore eterno. DUNQUE, assistere gli ammalati significa amare di un amore simile a quello Cristo che ha amato l’uomo fino in fondo; questo ci rende capaci di vivere da risorti, capaci di comunicare vita e speranza agli altri. Attraverso un cammino spirituale il caregiver e l’ammalato crescono nella consapevolezza che la morte non esiste, perché essa per fede in Cristo Risorto sarà conosciuta come realmente è:
“UNA GIOIOSA ESPLOSIONE DI PIENEZZA DI VITA!”.
Comunità “Sacra Famiglia GeMaGi” – Mario D’Agosto