Fra i recenti viaggi di Papa Francesco fuori dall’Italia si è dato poco rilievo a quello che è stato certamente un viaggio storico, quello fatto a Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, dal 3 al 5 febbraio scorso, nell’ottavo centenario dell’incontro tra san Francesco di Assisi e il sultano al-Malik a Damietta, in Egitto, mentre era in atto la V crociata.
È stata la prima volta che un papa si è recato in terra araba, cuore dell’islam. Un viaggio caratterizzato da due abbracci e da due firme. Il primo abbraccio di pace è stato con il grande imam di Al Azhar, e quindi con il mondo musulmano sunnita, preparato da una serie di incontri, che ha portato alla firma di un documento fra Chiesa cattolica e Università di Al Azhar sulla fratellanza umana per la pace nel mondo e la convivenza comune. In questo documento ci si dichiara fratelli, con tutte le positive implicazioni che questo nome porta con sé. È il compimento del sogno di Papa Giovanni Paolo II: le religioni pregano per la pace e le une per le altre. Non più gli uni contro gli altri.
La seconda firma il Papa l’ha posta, assieme ad Al Tayyeb e ai due sovrani degli Emirati, sullaprima pietra di una nuova chiesa dedicata a San Francesco, un dono che gli Emirati hanno fatto al Papa e ai cattolici che vivono nel paese.
Il secondo abbraccio è stato per i cattolici che lì vivono. Sono migliaia e migliaia di cattolici, emigrati dall’Asia e dall’Africa in questi paesi, in cerca di lavoro per aiutare le loro famiglie spesso rimaste nelle loro nazioni. Dinanzi a questa realtà dobbiamo dire che il Medio Oriente non è solo terra di emigrazione di cristiani ma anche di immigrazione.
Il sogno è che queste persone trovino qui oltre all’accoglienza anche una via di integrazione. In un tempo di confusione in cui si attizzano i razzismi tra la gente, aumentano i conflitti non solo nella convivenza quotidiana, ma anche per la pace nel mondo, l’unità non è desiderata da tanti. Il viaggio e i gesti di Papa Francesco ne fanno un testimone dell’unità che vive il sogno di Gesù consegnato ai cristiani, anzi agli uomini di ogni tempo. Durante la visita negli Emirati il papa ha parlato del mondo degli “io” e ha detto: «Nemico della fratellanza è l’individualismo, che si traduce nella volontà di affermare se stessi e il proprio gruppo sopra gli altri». Questa mentalità diventa un’affermazione del “noi” sugli altri e così comincia il nazionalismo: “prima gli italiani”; poi
viene il razzismo: «sì a quelli come me e no a quelli diversi»; di qui si arriva ai conflitti: «ci dobbiamo armare perché gli altri ci minacciano ». Così viene a indebolirsi la solidarietà e si fa spazio all’aggressività.
Papa Francesco è andato nel Golfo Persico, nel cuore del mondo islamico, ma c’è una storia che ha portato a questo incontro, non solo tra le due grandi personalità, ma anche tra tante personalità presenti, cristiane, musulmane, ebraiche, buddiste, induiste e altro. L’islam, di per sé, riconosce al massimo le religioni monoteistiche – cristianesimo ed ebraismo – come religioni celesti, mentre le altre sono da evitare perché sono politeiste. Invece, lo spirito di Assisi, da quel primo incontro del 1986, ha introdotto tutte le religioni in un sogno di pace. È la genialità di papa Giovanni Paolo II. E a poco a poco questo spirito di Assisi è entrato nell’islam, come è accaduto anche negli Emirati:
sono state superate posizioni bloccate da decenni se non da secoli.
Il seme gettato ad Assisi ha portato frutti nel tempo. E Papa Francesco oggi è l’uomo dell’unità, non solo dei cristiani, ma con tutte le religioni. Egli incarna il sogno della Chiesa del Concilio Vaticano
II. Nel documento Nostra Aetate (1965) sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, in un mondo all’epoca diviso in due, il Concilio sognò l’unità dell’umanità: «Nel suo dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, la Chiesa esamina tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino» (Nostra Aetate, 1).
Papa Francesco incarna e concretizza questo sogno. «Il nostro essere insieme – ha detto parlando
negli Emirati – sia un messaggio di fiducia, un incoraggiamento a tutti gli uomini di buona volontà, perché non si arrendano ai diluvi della violenza e alla desertificazione dell’altruismo. Dio sta con l’uomo che cerca la pace. E dal cielo benedice ogni passo che, su questa strada, si compie sulla terra». Non ci possiamo appiattire sul realismo rapido delle notizie, talvolta cattive o false, facendoci prendere dal pessimismo o dal senso d’irrilevanza. Parlando ad Assisi nel trentesimo anniversario dell’incontro di pace di Assisi, dove erano presenti 500 capi di tutte le religioni, ancora Papa Francesco ha detto: «Noi qui, insieme e in pace, crediamo e speriamo in un mondo fraterno…
Il nostro futuro è vivere insieme. Per questo siamo chiamati a liberarci dai pesanti fardelli della
diffidenza, dei fondamentalismi e dell’odio. I credenti siano artigiani di pace nell’invocazione a Dio e nell’azione per l’uomo! E noi, come Capi religiosi, siamo tenuti a essere solidi ponti di dialogo, mediatori creativi di pace». Se il nostro sguardo si fa attento, se ci mettiamo in ascolto degli altri, scopriamo che ci sono tante energie umane e spirituali per un mondo migliore, per realizzare un mondo più fraterno, per far crescere l’amicizia. C’è un compito importante per le chiese e per i singoli credenti, quello di costruire ponti tra i popoli e le culture per costruire insieme l’avvenire.
Educarci alla relazione con l’altro, con il diverso, conoscendo la sua storia, la sua cultura e la sua fede. Imparare ad ascoltare per poter capire ed accogliere la diversità delle persone che ormai fanno parte della nostra vita quotidiana. «Non c’è vera conoscenza di sé senza l’altro – ha affermato il Papa nel discorso ad Abu Dhabi – l’incontro e il dialogo con gli altri necessitano di tempo e pazienza. Le religioni veglino come sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti, siano voce degli ultimi e stiano dalla parte dei poveri». Una espressione particolare ha usato il papa per poter ridurre i conflitti personali, locali e fra i popoli: «smilitarizzare il cuore» cioè liberarlo dalla violenza e dalla rudezza, perché gli atteggiamenti e le politiche aggressive a discapito degli altri non porteranno mai stabilità.
Mariano Imperato
Assistente spirituale della Comunità di Sant’Egidio
foto avvenire.it
***
Il documento presentato a Napoli da Papa Francesco il 21 giugno
La Sezione San Luigi della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli organizza il Convegno del 20 e 21 giugno sul tema “La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo”, che vedrà la partecipazione e l’intervento di Papa Francesco nel secondo
giorno di lavori. Il Santo Padre presenterà il documento sulla Fratellanza umana firmato
ad Abu Dhabi. Seduta pubblica dell’incontro sul piazzale antistante la facoltà in via Petrarca.