Fare l’elemosina è ora un reato. Per chi in strada dona anche pochi spiccioli, è stata fissata una multa da 56 euro. Una sanzione viene erogata sia a chi fa accattonaggio ma anche a coloro che danno l’offerta. Quindi, fare solidarietà può costare caro. Questo è stato fissato dal Comune di Sassuolo, in provincia di Modena, guidato da una giunta leghista. L’ammenda viene commissionata a coloro che offrono “denaro, generi alimentari, vestiario o altre simili utilità” a chi chiede l’elemosina “con molestia, insistenza ed offesa alle persone”.
La notizia ha scatenato diverse polemiche. La maggioranza si difende sottolineando che l’obiettivo “non è punire la vecchietta che vuole fare una donazione, ma preservare chi è vittima di condotte moleste da parte dei professionisti dell’accattonaggio”. Proteste sono giunte dai consiglieri comunali di opposizione, che hanno rilevato il pericolo di questo provvedimento – assunto frettolosamente in un consiglio comunale in videoconferenza ed inserito nel nuovo regolamento di polizia urbana di Sassuolo – soprattutto alla luce dell’aumento dei casi di povertà che l’attuale emergenza sanitaria può causare. Nella situazione determinata dal coronavirus, viene sottolineato, ci sono tanti aspetti verso i quali un ente locale deve intervenire a favore dei propri cittadini, delle imprese, dell’economia, per cui appare inverosimile concentrarsi sul “contrasto alla carità”. La decisione, che potrebbe costituire un precedente per altre Amministrazioni comunali, deve far riflettere.
Dura l’accusa del direttore della Caritas diocesana di Reggio Emilia – Guastalla: «Davvero sono queste le priorità di un Comune in un momento storico così difficile ed eccezionale? L’accattonaggio da combattere è quello molesto e già i regolamenti di Polizia Municipale lo prevedono e lo strumento è la denuncia, ma perché punire e multare un gesto di generosità? Ci si vuole liberare dagli accattoni punendo chi fa loro l’elemosina? Sarebbe necessario distinguere chi è costretto all’accattonaggio, e rientra in giri di vero e proprio sfruttamento, da chi vende o chiede qualcosa per arrangiarsi e mantenersi. Nel primo caso è giusto cercare di limitare il fenomeno, ma sarebbe necessario perseguire gli sfruttatori e non gli sfruttati. La povertà non può essere una colpa! Va contrasta con politiche e non con multe. Il pericolo di queste scelte è di aggravare la diffusione di una cultura negativa e una diffidenza generalizzata verso chi è nel bisogno.
Non c’è bisogno di essere cristiani, cattolici e praticanti per capire quanto sia grave introdurre la punibilità della solidarietà, di un gesto fatto in piena libertà».
Un appello particolare viene rivolto ai cristiani: «Dovrebbero fare un sobbalzo di fronte a queste scelte e a questa cultura che risulta essere vessatoria nei confronti dei più poveri, degli emarginati, degli sfruttati, di coloro che ogni giorno ci chiedono, a livello personale e comunitario, di convertirci».
(foto Avvenire)