È indispensabile che la Chiesa «riaffermi la sua autorità anche nei contesti digitali a partire dalla credibilità». Monsignor Dario Edoardo Viganò, vicecancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha da poco dato alle stampe il volume “Testimoni e influencer” (EDB, Dehoniane) nel quale ripercorre la storia del rapporto tra Chiesa e autorità dalle origini al tempo dei social.
Monsignor Viganò è stato assessore e prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Docente di Teologia della comunicazione e ordinario di Cinema, insegna Linguaggi e mercati dell’audiovisivo alla Luiss “Guido Carli” di Roma.
I media elettronici prima e lo sviluppo dei social network poi, sullo sfondo del passaggio dalla società borghese dell’Ottocento alla società delle masse del Novecento, hanno modificato in maniera significativa i processi che conducono alla credibilità. All’interno di questo processo si colloca anche la Chiesa che, pur avendo origine e finalità distinte da quelle delle istituzioni e delle aziende, rappresenta un’organizzazione dotata di autorità di tipo spirituale. È assai difficile, in questo senso, riattivare le forme classiche della relazione “verticale” in un ambiente caratterizzato da un modello comunicativo orizzontale, reticolare e socializzato.
Inizialmente i primi grandi influencer sono state le celebrity, che riuscivano a capitalizzare sul web la visibilità guadagnata in altri ambiti. Adesso si assiste all’aggiornamento continuo della lista dei top ten influencer: super-utenti che sono in grado di rivolgersi a un target in maniera convincente.
«Allo stesso modo – avverte l’autore della ricerca – chi è nelle condizioni di incidere su opinioni e atteggiamenti pubblici non è detto che sia necessariamente credibile, ovvero che goda di una reputazione condivisa. Credo sia indispensabile, dunque, che la Chiesa riaffermi la sua autorità anche nei contesti digitali a partire dalla credibilità. D’altronde, è la strada indicata da Papa Francesco: “Mentre siamo sulla strada verso Gerusalemme, il Signore cammina davanti a noi per ricordarci ancora una volta che l’unica autorità credibile è quella che nasce dal mettersi ai piedi degli altri per servire Cristo”».
«La grande costellazione post mediale delle comunicazioni social», ricorda Viganò, è andata avanti durante questo difficile tempo, rivelando però la sua «natura conversazionale», il suo ruolo di «cassa di risonanza emotiva», che è utile, importante, fondamentale, ma abbiamo bisogno, sembra ricordarci “Testimoni e influencer”, di tenere chiaro a mente che i legami digitali non sono sufficienti per vivere appieno le relazioni e costruire il bene, per affrontare le difficoltà del presente e del tempo che verrà.
Al tempo stesso, però, di questo presente è necessario conoscere e saper manovrare le modalità comunicative per aggiungere efficacia alla testimonianza e alla credibilità. Anche per la Chiesa.
Esistono però «elementi di profonda novità da un punto di vista comunicativo»: quelli della mediazione, ovvero di «una relazione» caratterizzata da «distanza e discontinuità», per cui non «facciamo esperienza dell’autorità ma della sua rappresentazione mediale».
La verifica della credibilità, in questo caso, avviene attraverso «pochi frammenti rappresentativi» e ci vengono richiesti «grande investimento critico», «competenza mediale raffinata» e «responsabilità» per svolgere al meglio il compito, «complesso e faticoso», di scegliere l’autorità, in un tempo in cui questa si sviluppa su due livelli: uno post mediale, degli influencer «credibili e autorevoli, ma con una forza limitata, circoscritta alla rappresentazione mediale nell’ambito di comunità sociali che si trasformano sul web e hanno un grande valore emotivo»; e uno tradizionale, che seppure «inserito in un panorama comunicativo profondamente trasformato», mostra tutto il suo valore nei momenti cruciali come ad esempio quelli drammatici vissuti per il Covid 19, nei quali l’emergenza ha reso necessaria una «rapida e precisa ridefinizione dei ruoli e delle competenze», ricorda Viganò, a conferma che quando la vita fa emergere tutta la sua complessità occorre «riattivare i sistemi tradizionali di riconoscimento dell’autorità», essenziale per la socialità umana.
Franco Maresca