Il XVI convegno nazionale di pastorale giovanile, che si è svolto a Terrasini (Palermo) dal 29 aprile al 2 maggio, è stato vissuto in un momento di discussione e confronto particolare per la Chiesa: siamo, infatti, a pochi mesi dalle conclusioni del Sinodo dei Giovani. Troppo poco tempo dunque per fare in modo che tutti i partecipanti e gli ospiti al convegno sviscerassero a pieno tutte le tematiche trattate. Eppure una cosa è emersa in modo palese: c’è tanta voglia di mettersi in discussione, di abitare il tempo e i luoghi del presente.
Proviamo ora ad analizzare i punti salienti del pool di ospiti, invitati dal direttore nazionale di pastorale giovanile, don Michele Falabretti, il quale non ha mai mancato di far sentire la sua presenza, nonostante il lutto per la fine del padre.
I lavori sono stati aperti lunedì don Rossano Sala che ha spiegato come sia fondamentale assistere i giovani nella loro ricerca della verità “sine glossa”, senza fronzoli, facendo loro dono di Ascolto, in primis, Annuncio e Accompagnamento. Ha suggerito di “diventare come Eli”, che rifiuta di essere protagonista e sceglie di essere guida e maestro con la sua esperienza: quanto ci sarebbe bisogno di questo nel nostro paese! Dal lavoro, alla politica, alle università..
Ha chiuso la prima giornata il professor Silvano Petrosino, che ha aperto l’intervento con una battuta di spirito inglese, “L’elefante nella stanza”, ovvero quella verità grande che è impossibile non vedere, ma che essendo scomoda, s’ignora. Il filosofo ha sottolineato l’importanza della parola, che è creatrice, per raccontare i fatti, evidenziando come oggi ognuno parli di qualunque cosa, creando una sua verità. Ha ribadito l’importanza della sconfitta, che spinge l’uomo a crescere e invita a stare attenti ai “sentimenti medi”, esemplificando con la frase “Abbiamo sostituito il to love, amare, con il to like, mi piace, è carino”. Ha concluso con una bella immagine, ovvero che noi non siamo specchi per riflettere la luce di Cristo, come semplici copie del suo volere, ma per rifrangerla, ovvero di trasformarla ognuno in base ai propri carismi e sogni.
Il secondo giorno è stato illuminato dalla bontà di Frére Alois, priore di Taizè, che ha sostenuto, forte della sua esperienza personale, come sia impossibile una rete di solidarietà senza “incontri personali”. Il martedì si è concluso con la veglia nella meravigliosa cattedrale medievale di Monreale, così luminosa con i 6400 mq di mosaici. L’arcivescovo monsignor Michele Pennisi ha sottolineato come la Chiesa debba porsi quale argine a questa società di “Acchiappafantasmi”, in cui la caccia ai fantasmi, come quella agli immigrati, non fa altro che alimentare paura e isolamento.
Il mercoledì mattina invece ha visto gli interventi di don Salvatore Currò e don Giuliano Zanchi intervistati da suor Alessandra Smerilli. Animati da grande spirito di verità, hanno chiesto alla Chiesa di non fare come alcuni politici o alcuni partiti che si presentano come “i fidanzati scaricati inconsolabili” che ritengono di avere delle responsabilità, ma non delle colpe. Questo atteggiamento porta ad essere molesti e goffi. Don Zanchi ha sottolineato come la Chiesa abbia cominciato a perdere quando si è distaccata dalle donne, non capendo la trasformazione della figura e della posizione della donna nella società, che ha un ruolo cardine, non comprendendo la questione sessuale e altri temi fondamentali. Ha invitato inoltre a ridurre le testimonianze, a scegliere “cosa essere” prima di “cosa fare”, a dare alla Chiesa la forma del Vangelo, non della Parrocchia, “iniziando” i giovani al servizio al Vangelo vissuto, prima che al suo racconto.
La giornata di giovedì si è conclusa con le linee progettuali spiegate da don Michele Falabretti (nel sito del Servizio nazionale per la pastorale giovanile – giovani.chiesacattolica.it – è possibile scaricare le slide e il video della presentazione). Le nuove linee progettuali sono “una cassetta degli attrezzi nella quale ci sono gli strumenti per lavorare e con i quali adesso ci si mette all’opera”. Don Michele ha sottolineato che “abitare questo tempo è possibile”, non bisogna avere paura di “avere pochi giovani” perché se “si costruisce comunione, la comunità si allargherà sempre più”, perché “abitare questo tempo richiede fatica, ma va fatto, in libertà, con coraggio e insieme”.
Animato il rientro a Napoli, per una tragedia scampata, visto che all’aeroporto Falcone-Borsellino, l’aereo su cui ci trovavamo per tornare a Napoli, è stato fatto evacuare a causa di un incendio che divampava nella parte posteriore per una perdita di carburante. Insomma, non è mancato nulla in questa quattro giorni siciliana. Quando si fa “Chiesa” incontrandosi e condividendo possono sempre nascere cose belle.
Mario Viglietti
Delegazione della Diocesi di Pozzuoli, guidata dal direttore della pastorale giovanile, don Mario Russo (al centro)
Delegazione della Campania
Delegazione con monsignor Nicolò Anselmi vescovo ausiliare di Genova (terzo da sinistra)
Delegazione con don Michele Falabretti direttore nazionale pastorale giovanile (secondo da sinistra)