Cronache dall’inferno urbano. Nell’era della pandemia sono cresciuti gli atti di violenza, ai danni dei soggetti deboli





Una spinta fortuita per strada. Un tempo bastava chiedere scusa, anche con un gesto, e tutto finiva lì. Oggi no. Accade a un extracomunitario a Pozzuoli nei pressi del tempio di Serapide con un carretto di bottiglie che sfiora un’auto di passaggio e con i cocci di vetro diventati armi improprie in mano all’automobilista (scena vista a fine agosto ma non finita negli archivi della cronaca). Una spinta casuale è sempre più spesso l’occasione per una rissa, per sfogare le proprie frustrazioni sui soggetti deboli della società. Altra scena a settembre sotto gli occhi della gente, ancora a Pozzuoli: un energumeno a via Campi Flegrei urta con la sua la vettura di due ragazze, scende, le strapazza e se ne va. Non c’è tempo neanche per prendere la targa, le ragazze sono terrorizzate. Papa Francesco in una delle sue ultime omelie ha detto con grande chiarezza che dalle pandemie non si esce uguali e se non si migliora vuol dire che siamo peggiorati. Gli episodi di violenza quotidiana si accumulano sul lungomare partenopeo, così come nella movida flegrea. Dalla pandemia siamo usciti più violenti, più aggressivi e gli episodi sono così numerosi da rendere difficile anche ai cronisti un racconto completo di cosa sta accadendo.

Qualche anno fa durante un incontro in una scuola uno studente disse una frase rimasta scolpita nei miei ricordi: «A voi giornalisti chiediamo solo di raccontare tutto, di scrivere tutto». Una frase semplice ma, allo stesso tempo, da brividi. E oggi con questo riesplodere della violenza quotidiana spesso cercata verso i più deboli ci rendiamo conto come sia davvero difficile raccontare tutto.

Eppure, è un nostro dovere farlo. Raccontare tutto, scrivere tutto, anche episodi che possono sembrare marginali sono invece importanti, vanno scritti e raccontati.

Quanto avvenuto nel Lazio a Colleferro è un fatto di una gravità inaudita. Gli assassini di Willy devono essere giudicati e condannati. L’Italia ha perso un ragazzo che da Capo Verde aveva portato una gioia di vivere spenta da violenza e ignoranza che devono spingerci tutti a stare in campo. Ora tutti raccontano le ripetute violenze di quelle belve di Colleferro che nessuno ha fermato fino a quando hanno ucciso un ragazzo che sognava di fare il cuoco e il calciatore e che è morto per cercare di sedare una delle tante risse.

Dalla pandemia non si esce uguali. Il monito di Papa Francesco rimbomba anche sull’escalation di violenze sulle donne, dentro e fuori le mura di casa. E anche qui dobbiamo scrivere tutto, raccontare tutto. Fino ai minimi particolari. Anche perché ciò che emerge è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che tante donne hanno paura di denunciare, spesso per proteggere i figli ma altre volte per paura di ulteriori aggressioni.

Dalla pandemia non si esce uguali. La violenza cresce sui deboli, sulle donne, gli immigrati, ma anche sulle cose, sui monumenti, sulla bellezza. Una grave carenza di cultura e di rispetto verso noi stessi che ha generato, soprattutto a causa dei nostri comportamenti, una escalation inattesa di contagi qui in Campania dovuta non solo al ritorno dalle vacanze all’estero o in Sardegna. Il mese scorso c’è stato il boom di contagi e ricoveri. Ma anche di violenze. Raccontiamo tutto.





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