Il termine cozza è tipicamente meridionale e deriva dal latino cochleam, ossia “chiocciola” e quindi “guscio”. La cozza tipicamente mediterranea è chiamata Mytilus gallo provincialis, con un guscio nero. Le piccole incrostazioni bianche sul suo guscio nero sono parassiti (chiamati anche “denti di cane”) legati alla qualità e alla bontà della cozza. All’interno della conchiglia bivalva c’è il prelibato mollusco: le femmine di uno sgargiante colore arancione e i maschi di un colore giallo. Le cozze più pregiate sono le femmine perché hanno un sapore più dolce.
Dal punto di vista climatico, i mesi nei quali le cozze italiane sono piene e più buone da cucinare sono i mesi estivi, noti nella tradizione popolare come i mesi senza R. Durante i mesi estivi la salinità aumenta. I mesi autunnali e invernali coincidono proprio con i mesi riproduttivi durante i quali le cozze sono più stressate e risultano meno gustose. La regola è comprare cozze italiane d’estate e cozze spagnole d’inverno perché le spagnole, al contrario di quelle italiane, sono più piene in inverno, in quanto coltivate in Galizia, nell’Oceano Atlantico dove la salinità è massima in inverno e minima in estate.
L’allevamento delle cozze è condizionato dal clima: stagioni particolarmente siccitose o, al contrario, eccessivamente piovose, con modificazioni troppo rapide della salinità accompagnate da eccessiva o scarsa ossigenazione delle acque hanno la capacità di provocare danni. Le cozze filtrano ogni tipo di acqua, trattengono gli elementi nutritivi ma anche una grande quantità di batteri che immancabilmente muoiono durante la cottura. La cozza mediterranea è edule, ma il suo consumo richiede molte precauzioni poiché essa, se cresciuta in zone marine prossime a scarichi urbani o in zone ove le correnti marine trascinano elementi provenienti da acque reflue, può essere facilmente ricettacolo di batteri e/o virus molto pericolosi. È sconsigliabile l’uso di mangiarli crudi. La credenza, poi, che il succo di limone spruzzato sul mollusco uccida i batteri è assolutamente infondata, dato che per eliminare tutti i batteri il succo di limone impiegherebbe diverse ore, o addirittura giorni. Le patologie più comuni che possono insorgere nel mangiare cozze crude e cresciute in acque inquinate sono: tifo, paratifo, colera ed epatite virale. In ogni caso le cozze, durante la cottura, devono necessariamente aprirsi in modo da far fluire il calore al centro del mollusco uccidendo tutti i batteri, il che richiede idoneo tempo.
L’allevamento delle cozze è una delle principali risorse economiche per i comuni costieri delle aree flegrea e vesuviana. Le acque del lago Fusaro, per esempio, furono utilizzate per l’allevamento di cozze già prima della fondazione di Cuma. Ritroviamo tracce di Mitilus Gallo provincialis in epoca di Carlo d’Angiò e di Ferdinando IV. Oggi, le cozze allevate nel Golfo sono tra le più usate nella ristorazione. Il sapore mette insieme il salino, il dolce e una lieve chiusura amara a causa della particolare combinazione fra l’acqua salmastra del mare, le vene di acqua dolce e la presenza di sorgenti di acqua termale vulcanica.