Papa Francesco, nella sua seconda Enciclica Laudato si’, scritta il 24 maggio 2015 (solennità di Pentecoste), lancia un appello al rispetto dell’ambiente. Rileggiamo insieme l’inizio del testo: «Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che “geme e soffre le doglie del parto” (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora».
Alla luce del contesto che stiamo vivendo, queste parole – ancora una volta – suonano profetiche. Il Papa s’ispira al Santo di Assisi, al suo modo di vedere e rapportarsi con ogni uomo, con il creato e nel creato. «Credo che Francesco – dichiara Bergoglio – sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità… Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati». Con la sua testimonianza san Francesco ha dimostrato che un’ecologia integrale esiste solo se vi è uno sguardo d’amore che consenta di entrare in comunicazione con tutto il creato. Infatti, san Francesco predicava persino ai fiori e «li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione». Per lui ogni «creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto”. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste. Il suo discepolo san Bonaventura raccontava che Francesco – considerando che tutte le cose hanno un’origine comune – «si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella».
La testimonianza di san Francesco consente al Papa di introdurre nella parte finale dell’introduzione all’enciclica un pressante invito a raccogliere una sfida non più derogabile: «La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei più svariati settori dell’attività umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi».
Mario Russo
Don Mario Russo è direttore dell’Ufficio per la pastorale giovanile della Diocesi di Pozzuoli e parroco della chiesa Sacro Cuore di Gesù ai Gerolomini sul lungomare puteolano.
(foto di Simona D’Orso)