Dall’1 al 25 settembre si terrà l’VIII Edizione del Festival “La Filosofia, il Castello e la Torre”, nello stupendo scenario dell’isola di Ischia. Mostre, concerti, laboratori e oltre cento incontri si interrogheranno sul tema della Bellezza, uno dei concetti cari alla filosofia occidentale. Tra i grandi protagonisti di questa edizione ci sarà, come sempre, il direttore scientifico del Festival, Raffaele Mirelli, dottorato in Filosofia Morale presso la Albert Ludwigs Universität di Friburgo, che ci ha rivelato il prezioso ruolo divulgativo del Festival della filosofia di Ischia, utilissimo per affrontare le sfide del presente e continuare a credere nel futuro.
Questa edizione del festival internazionale di Filosofia si occuperà della “Bellezza”.
«È vero principe che una volta avete detto che la “bellezza salverà il mondo”?». Le rivolgo come prima domanda questa frase estratta da un fugace dialogo del libro di Fëdor Dostoevskij “L’idiota” (1869). Può essere vero? La bellezza potrebbe salvare il mondo. Ma quale bellezza?
RM – La bellezza è un catalizzatore di emozioni e reazioni. Invita al movimento “insito” nello spirito umano. Anche la contemplazione è sublime movimento dello spirito, è unione con l’altro. Il valore della bellezza odierno è, però, radicato nel solo rapporto e movimento con il Sé, che non riesce a raggiungersi, a raggiungere nemmeno sé stesso. La bellezza che potrebbe salvare il mondo è quella declinata al bene, al rapporto etico di benessere del mondo globalizzato. Bisognerebbe “globalizzare” il bene, rendendolo “Bene comune”: un bene non rinchiuso nella sfera umana, ma che comprenda tutti i viventi, incluso il nostro pianeta. Siamo troppo egocentrici.
Ci può dare qualche indizio su come si svolgerà l’VIII Edizione del Festival?
RM – La bellezza che salverà il mondo è quella legata al rapporto etico con l’altro. La bellezza ha il compito di aprire lo spazio alla diversità del “vero”.
Il Festival Internazionale di Filosofia parte il primo di settembre e continuerà fino al 25. Oltre 150 eventi aperti al pubblico che spaziano dalla musica, alla danza, dall’arte alla filosofia. Un festival che coinvolge i giovani e per questo riceve dal 2019 l’alto Patrocinio del Parlamento Europeo. Si svolge nei luoghi più belli dell’isola d’Ischia: I Giardini la Mortella, la Torre Guevara, la Biblioteca Antoniana e il Castello Aragonese. Ischia, poi, è un piccolo paradiso, dove il pensiero prende forma insolita, spinto proprio dalla bellezza, dall’alterità che essa esprime nella natura. Offriremo circa 130 conferenze al pubblico sul tema.
Inaugureremo il mese del senso civico (settembre) che vede i ragazzi delle scuole protagonisti di una campagna di sensibilizzazione sul corpo che durerà per tutto il mese. I ragazzi hanno composto 30 slogan, aforismi. Questi verranno affissi sul pontile che conduce al maniero Aragonese. Correlati da 12 foto che narrano il corpo, la sua identità persa nella moltitudine degli sguardi virtuali.
Le serate, dal 23 al 25 settembre, vedono la partecipazione di grandi ospiti di fama nazionale, come la modella Benedetta Barzini, docente di Storia dell’Abito presso l’Università di Urbino e fiera femminista. Sarà lei ad aprire la serie di incontri presso il Castello Aragonese con una lectio dal titolo: “La bellezza è un prodotto in vendita”. Insomma, questo festival è davvero un piccolo miracolo del Sud Italia che negli anni è cresciuto tantissimo. Ogni anno accorrono accademici da tutto il mondo, insegnanti, alunni. Le conferenze sono infatti sia in italiano sia in inglese. La partecipazione con atenei rinomati, come quello di Toronto e l’Università di Bonn, rimettono il Festival in una dimensione sempre rinnovata ogni anno e che vede folte partecipazioni. Il 31 agosto il programma completo sarà presento sulla pagina social (La Filosofia Il Castello e la Torre di Facebook e sul nostro sito: www.lafilosofiailcastellolatorre.it)
La bellezza è intimamente collegata ai sensi, ma non solo; in questo caso bisognerebbe prendere in considerazione anche il concetto di “frame” introdotto dall’antropologo Gregory Bateson, per cui il segno è un segnale, il segno che definisce il bello e che oggi, attraverso i social diventa canone. Che ne pensa?
RM – Il concetto di “frame” ossia di cornice, intesa come una sorta di campo limitato di senso, racchiuso, esprime la finalità comunicativa o meglio metacomunicativa cui Bateson faceva riferimento. Se il “frame” permette di “inquadrare” al meglio il messaggio di un’immagine di senso, dall’altro potrebbe divenire un limite che non accomuna, perdendosi nell’interpretazione. Il segno come paradigma ed espressione dei linguaggi social sul “bello” produce due impatti differenti: da un alto la capacità di riconoscibilità, che rende immediata la fruizione del concetto; dall’altro, invece, un movimento pedagogico distribuito nel tempo lineare, una pericolosa omologazione e convenzione, dunque un canone poco dinamico. Servirebbe un paradigma. Insomma, all’interno e all’esterno del frame accade la stessa cosa, ma in modo diverso. Direi contraddittorio. Il significante fa la differenza nel modo in cui perviene al messaggio comunicato. Per dirla in poche parole: come si comprende un messaggio, come avviene una comunicazione mediata e immediata nella sua interezza? Essa può avvenire solo nel dialogo, attraverso la dinamica forza del Logos. Nei social tutto diviene troppo presto canone, uniformazione, a meno che in essi non si stia formando un nuovo linguaggio, un nuovo, vero e proprio dizionario di segni e immagini, allora chiederei di attendere la sua espansione per comprenderne al meglio il linguaggio in fieri.
Nonostante le differenze di epoche, culture, religioni, la bellezza continua ad essere un mistero per gli esseri umani?
RM- La bellezza è il termine di traduzione del tempo. In essa si esplicitano le forze oscure della soggettività e dell’oggettività, che spesso riescono a convergere su un piano di comunicazione neutrale. La bellezza è accoglienza semantica, è sensualità del momento e proiezione intellettuale di un desiderio di azione. È un mistero? Sì, è un mistero come possa sopravvivere nella nostra percezione al di là del nesso biologico e chimico.
Opera fondamentale “Estetica del Brutto” del filosofo tedesco Karl Rosenkranz (1805-1879). Se il bello, nella prospettiva del “maestro” Hegel, appare come una manifestazione sensibile dell’idea e della sua libertà, il brutto si presenta come ciò che nega o limita tale libertà attraverso l’asimmetria, l’assenza di forma, la deformità e lo sfiguramento. Il brutto come dimensione intermedia tra bello e comico che trova il suo compimento in alcune manifestazioni molto diffuse oggi, come i linguaggi e le smorfie che fanno molti seguaci su TikTok e altri social media…
RM – L’estetica del brutto è una necessaria contraddizione insita nella materia umana. È una conseguenza logica di un paradosso. Abbiamo attraversato secoli alla ricerca di armonia e di ordine. A un certo punto della nostra storia, forse a partire dal ‘900, abbiamo iniziato a pretendere la presenza del brutto per bilanciare un rapporto morale con noi stessi e la società limitato, pronto alla creazione di una massa manipolabile, labile. Il brutto serve al bello, il bello serve al brutto per identificarsi, ma solo nella nostra mente, nel mondo dell’umano. Credo che chi voglia salvare la bellezza, debba spingersi oggi oltre l’umano. I social sono utilissimi, ma non abbiamo ancora creato un sistema pedagogico che li sostenga, specie per le nuove generazioni. Spesso li prendiamo troppo sul serio: è un universo nel multiverso che permette di essere e non essere allo stesso tempo, un luogo di identità labili, svariate per ogni essere che li utilizza, pratica, rinnegandoli.
Carlo Marino