Grande partecipazione nel Palazzo Migliaresi del Rione Terra, a fine ottobre, per la presentazione del libro “E adesso la palla passa a me – malavita, solitudine e riscatto nel carcere”, di Antonio Mattone, direttore dell’Ufficio per la pastorale del lavoro della diocesi di Napoli e referente in Campania per la Comunità di Sant’Egidio. L’incontro, che s’inserisce tra i forum tematici promossi da Segni dei tempi, è stato realizzato con l’Ufficio diocesano per la pastorale carceraria e fortemente sostenuto dal sindaco di Pozzuoli e dall’assessorato comunale alla cultura.
Il testo presentato ha dato lo spunto ai partecipanti per offrire diverse riflessioni, su un argomento spesso considerato complesso e “lontano”. Nell’incontro, moderato dal direttore della testata diocesana, Salvatore Manna, è stata data attenzione alle problematiche interne alle strutture penitenziarie, ma anche alla necessità d’intensificare azioni di prevenzione. In particolare, il sindaco, Vincenzo Figliolia, ha posto l’accento sul disagio giovanile che ormai dilaga, soprattutto nelle aree cittadine più a rischio, come Monterusciello e Toiano, zone nelle quali ha annunciato che si sta lavorando, congiuntamente alle parrocchie e alle scuole del territorio, per l’attivazione di progetti finalizzati a recuperare soprattutto il concetto di “legalità”.
L’impegno a favore dei giovani è stato sottolineato in tutti gli interventi, a partire dall’assessora comunale alla cultura, Maria Teresa Moccia di Fraia, che ha messo in luce l’importanza della pena detentiva quale occasione rieducativa e non solo punitiva, considerando che si sta abbassando l’età d’ingresso nel carcere (soprattutto al Sud) e coloro che ne escono devono essere messi in condizione di non delinquere un’altra volta.
Altrettanto interessante è risultato l’intervento di don Fernando Carannante, vicario episcopale per la carità e direttore della pastorale carceraria diocesana, il quale ha posto l’attenzione sulle strutture di eccellenza nel panorama italiano costituite dalla casa circondariale femminile di Pozzuoli e dall’istituto penale minorile di Nisida. Con parole molto sentite ha asserito che i detenuti non sono scarti della società, ponendo l’accento sull’importanza del volontariato, ma anche evidenziando una situazione critica, di cui non parla quasi nessuno, legata alla carenza della polizia penitenziaria (sempre impegnata – con enormi sforzi – in prima linea per assicurare massima attenzione ai detenuti, giorno e notte). Don Carannante ha anche annunciato l’approvazione di un progetto in via sperimentale da parte della Caritas Italiana (al momento, quella di Pozzuoli è risultata l’unica diocesi ad avere avuto il via libera in Italia): previste borse di lavoro e inserimento professionale per quattro donne in detenzione domiciliare e quattro ragazzi dell’istituto di Nisida. Ed è proprio il direttore dell’istituto minorile, Gianluca Guida, ad evidenziare l’importanza d’interventi mirati, perché i ragazzi che arrivano nella struttura penitenziaria si sentono “orfani” di una società che non gli ha dato alcuna risposta e di uno stato che non si rende conto di averli abbandonati, soprattutto in determinati quartieri, a fronte di una criminalità che invece li pone al centro dell’attenzione. Offrendo solo risposte repressive non si semina nulla e diventa molto semplice, una volta fuori, ricadere nel male. Necessarie quindi azioni di solidarietà, soprattutto di fronte alla mancanza di alternative valide dopo la detenzione, come messo in luce da Luigi Nicolais, professore emerito alla Federico II.
Particolarmente apprezzate dai presenti, tra i quali una folta rappresentanza della Comunità di Sant’Egidio locale, sono apparse le risposte fornite da Mattone alle domande poste dal giornalista Manna (a pagina 2 sono state riportate le principali riflessioni emerse nel testo). Tra gli interventi, si sono alternate letture di alcuni brani del libro, effettuate da Maria Castronuovo e Raffaele Esposito. Le conclusioni dell’incontro sono state affidate al vescovo di Pozzuoli, il quale ha sottolineato la necessità di cambiare atteggiamento verso i detenuti, che devono essere trattate come “persone”, riprendendo le parole espresse da Papa Francesco nelle sue numerose visite in carcere. In particolare, ai detenuti di Padova il Pontefice ha parlato del bisogno di una conversione culturale: “Siate persone detenute, il sostantivo deve prevalere sull’aggettivo: la dignità umana innanzitutto. Religioso o non religioso, con grande cultura o senza cultura, questa è la rivoluzione vera. I detenuti sono innanzitutto uomini. C’è bisogno di umanizzare il carcere: bisogna dare speranza e fiducia. Una goccia d’acqua nell’oceano non fa niente, ma tante gocce possono rappresentare il mare”. Rieducare, si sa, aiuta soprattutto a non ricadere nelle stesse debolezze.
Dopo l’incontro, il Comune di Pozzuoli ha offerto la possibilità di effettuare la visita nel percorso archeologico del Rione Terra, curata dalla società Turismo e Servizi.
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