Le parole hanno sempre un peso: senza fissa dimora, clochard, homeless, barbone? Quanti di noi si saranno chiesti quale sia l’espressione giusta per indicare chi vive per strada. La verità è che molte parole cadono nel disuso. Ad esempio barbone: uomo dalla lunga e folta barba, ma si dice anche barbona. Per quest’ultima ci si chiederà allora cosa c’entri la lunga e folta barba, fatto è che per estensione la parola indica chi vive per strada, senza casa e lavoro, ai margini della società. L’immagine evoca notti fredde, fatte di coperte, stracci e cartoni. La Federazione italiani organismi per le persone senza fissa dimora invita a non usare mai questo termine perché troppo carico di negatività, alla pari di clochard.
Dal mendicante all’abusivo di oggi (lavavetri, venditori di calzini e chi più ne ha più ne metta) il passo è breve. Anche i lavavetri sono stati oggetto di ordinanze sindacali: a Firenze dell’agosto 2007. Ebbene, a questo punto ci si chiederà quale sia il political correct, visto che secondo alcuni l’espressione senza fissa dimora potrebbe far pensare a chi avendo più dimore ne sceglie una a piacere. Secondo altri clochard si ammanterebbe di un che di romantico per indicare chi per scelta vive sotto ai ponti. Senza tetto porrebbe troppo l’accento sul lato materiale e fisico dell’abitazione.
La verità è che al di là delle parole, le persone senza dimora vivono un disagio complesso, che in alcuni casi può portare alla morte, nonostante che alcuni ritengano che sia una scelta di libertà. La sofferenza più grave è data dalla rottura con le reti sociali che provoca un’emarginazione che va oltre la sola sfera economica.
Teresa Stellato