Il modo più emozionante per illustrare Procida e la sua storia è seguire il modello di Fernand Braudel, uno dei più importanti studiosi del mondo antico, che descrive lo spazio storico del Mar Mediterraneo con un’approfondita analisi dei luoghi, della natura, del mare, delle coste, delle scelte culturali delle comunità ivi residenti e delle sovrapposizioni delle diverse civiltà.
La straordinarietà della storia degli eventi che hanno interessato questo spazio terra-mare è stata parzialmente oscurata dal Mito. Così nella cultura diffusa è prevalso il mito di Ulisse e la rotta di Enea sulle peregrinazioni dei Greci. Mentre il mito di Ulisse è uno strumento di autoesaltazione della esplorazione del Mediterraneo fino alle Colonne d’Ercole, con il viaggio di Enea Virgilio si pose l’obiettivo di ricercare le radici dell’impero di Augusto.
La nomina di Procida a capitale della cultura italiana per il 2022 può essere l’occasione per richiamare l’attenzione sugli eccezionali eventi storici che hanno interessato il territorio flegreo (Sinus Cumanus), di cui Procida ne è parte, superando i limiti delle interpretazioni sovrannaturali prodotti dal mito. Illustrare a quanti saranno attratti da questa interessante iniziativa, quale sia la stratificazione culturale prodotta dalla storia in questa isola è un’operazione di grande impegno, che non può ridursi a diffusi luoghi comuni e a un paesaggio affascinante e peculiare per le sue morfologie vulcaniche. Per il successo dell’iniziativa occorre miscelare, con saggezza, l’approccio agli eventi della storia civile e della storia naturale con la lettura epica degli stessi.
In tale progetto è l’evento storico che occupa il centro di massa intorno al quale si sviluppano, come pianeti e satelliti intorno al sole, le elaborazioni del mito, come strumento per illustrare gli eventi storici di maggiore rilevanza ed evidenziarne il rapporto con il sovrannaturale.
In questo territorio la storia naturale è altrettanto straordinaria come quella civile, ma resta più in ombra nella cultura diffusa per le vicende storiche che hanno obliterato per secoli le teorie scientifiche ellenistiche che saranno lentamente scoperte dagli intellettuali rinascimentali. Il ruolo ancillare assegnato a lungo alla scienza ha prodotto la tradizionale separazione tra le “due culture” e la scarsa diffusione della cultura scientifica, che spesso è confusa con lo sviluppo tecnologico, come può evincersi dal dibattito che accompagna le scelte per gli interventi sul territorio che si riducono generalmente al confronto tra tecnologie mature e non a processi innovativi.
Seguendo il modello di Braudel Procida va illustrata con iniziative di diversa natura, come conferenze, giornate di studio, dibattiti, manifestazioni teatrali e ludiche, escursioni con le quali rappresentare i caposaldi della storia dell’Isola, iniziando ad analizzare la natura del territorio, nato dall’attività endogena lungo la costa tirrenica e riconosciuta dai navigatori greci all’alba della Magna Grecia, che appelleranno “Campi Ardenti”. L’Isola evidenzia nella natura dei suoli la sua appartenenza alla stessa area vulcanica della penisola prospiciente, posta al di là del breve braccio di mare del canale di Procida, che termina con il rilievo del Monte di Procida.
Le ricerche archeologiche condotte a Vivara dagli anni ’30 del secolo scorso evidenziano la presenza nell’Isola di un villaggio dell’età del Bronzo medio (XVII-XV secolo a.C.), con la funzione di scalo marittimo aperto ai traffici tra Egeo e Occidente. Lo scenario culturale che si genera all’impatto degli abitanti dell’isola con i naviganti può essere più complesso di quello che avrebbe prodotto la sola colonia micenea. Si può ipotizzare un’integrazione tecnologica e culturale, tra l’apparato culturale dei naviganti e il contributo delle comunità locali che avrebbe inserito pienamente Vivara nella stessa unità culturale che caratterizzava il Mediterraneo già dal XVII secolo.
La dinamica del territorio flegreo aveva mostrato gli ultimi segnali alcuni secoli prima con la formazione dell’isola di Nisida, mentre eruzioni e terremoti intorno al 500 a.C. a Ischia, costrinsero i coloni euboici ad abbandonare l’Isola. L’attività eruttiva e simica ad Ischia continuò nei secoli successivi, mentre i Campi Flegrei segnalavano un lungo periodo di inattività. Questo stato di turbolenza a Ischia avrà avuto ripercussioni in termini di mobilità anche nella regione, ma le fonti sono avare di informazioni.
I Campi Flegrei, dopo un lungo silenzio, la cui durata era ignota agli osservatori per mancanza di fonti sugli ultimi eventi eruttivi, dei quali era noto solo la natura ignea dei suoli, mostrano un lento sollevamento del suolo all’inizio del ‘500 nell’area di Tripergole a Lucrino; moto al quale si accompagna dopo alcuni decenni, una fitta attività sismica, per poi mostrare l’insorgenza di un centro eruttivo nel 1538, denominato Monte Nuovo. Il clima culturale era tale da rendere gli osservatori increduli per quanto si andava sviluppando e incapaci di comprendere il meccanismo del fenomeno in atto, nei suoi aspetti di maggiore rilevanza. Un’analisi dell’impatto di tale fenomeno con i filosofi della natura che analizzarono l’evento potrebbe indicare quali siano stati i vincoli culturali che ne hanno guidato l’interpretazione.
Il processo che ha reso famoso i Campi Flegrei è stata la scoperta del Bradisismo, fenomeno del lento moto del suolo che ha interessato la costa flegrea con la sommersione e l’emersione registrata alle colonne del Serapeo dalla sua fondazione nel I secolo d.C.. All’indomani dello scavo del Macellum tra il 1750 e il 1753 si sviluppò a lungo un dibattito, sia tra gli archeologi, per l’architettura e la maestosità dell’edificio, che tra i naturalisti relativamente alle cause geologiche che avevano determinato la variazione del livello del mare. Il fenomeno osservato al Serapeo fu interpretato, nell’Ottocento, da Charles Lyell con il moto lento del suolo, in quanto egli sosteneva che la crosta terrestre fosse interessata da piccoli movimenti dovuti a forze endogene, impercettibili nel tempo breve, ma questi, operando su tempi lunghi, si manifestano con fenomeni macroscopici, come la formazione delle catene montuose e lo sprofondamento di masse continentali. Il fenomeno del Bradisismo divenne per Lyell il modello della nuova teoria geologica che si diffonderà poi come nuovo paradigma. Il successo della nuova teoria si tradurrà anche nella conferma che il tempo necessario per lo svilupparsi dei processi geologici non possa ridursi al tempo mosaico di poche migliaia di anni. La scoperta del “tempo profondo” sarà un evento rivoluzionario in quanto porterà l’uomo a vivere un presente dietro il quale si estende un tempo quasi infinito anziché un presente prossimo alle origini. Questa rivoluzione avrà tra i protagonisti i Campi Flegrei con il Bradisismo.