Si è riaperta al traffico l’ultima antica via della Campania, grande opera dell’ingegneria romana, magnificata da Stazio; a parte la diversità dei mezzi meccanici, non c’è gran che di cambiato: al posto di un curator viarum, c’è oggi un bravo ingegnere dell’Anas.
Scriveva così, nel 1954, l’archeologo Amedeo Maiuri, all’indomani dei lavori di ammodernamento della nuova strada statale 7 quater via Domitiana che in parte ripercorreva il tracciato dell’antica arteria voluta dall’imperatore Domiziano nel 95 d.C. per migliorare i collegamenti tra il porto di Puteoli, l’odierna Pozzuoli, e Roma.
Alcuni decenni prima il celebre archeologo, già docente universitario e anche soprintendente alle Antichità e direttore del Museo Archeologico di Napoli, aveva rintracciato e riportato alla luce alcuni tratti significativi dell’antico asse viario, in particolare tra Varcaturo e Licola, poi fagocitati dalla natura e dall’incuria; il tratto oggi meglio conservato è possibile ammirarlo all’interno dell’Istituto Agrario “Falcone” di Licola (vedi foto affianco).
Tuttavia, un altro tratto – praticamente sconosciuto ai non addetti ai lavori e ancora ben conservato – è possibile ammirarlo, alcuni chilometri più a nord, nei pressi del Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare di Licola, ma solo per alcuni mesi l’anno. Uno strano fenomeno, infatti, interessa questo prezioso bene archeologico che si rende visibile in concomitanza con la stagione estiva, per poi sparire sotto una fitta coltre di erbacce e fango durante la stagione invernale.
Grazie all’ultimo rilascio aggiornato di Google Earth, il software che genera immagini virtuali della Terra utilizzando foto satellitari, è stato possibile individuare quest’interessante sito, dove l’antica via di Domiziano, lastricata e realizzata in basoli di trachite, percorre da duemila anni le campagne oggi del Giuglianese.