Monsignor Viganò è stato assessore e prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Docente di Teologia della comunicazione e ordinario di Cinema, insegna Linguaggi e mercati dell’audiovisivo alla Luiss “Guido Carli” di Roma.
I media elettronici prima e lo sviluppo dei social network poi, sullo sfondo del passaggio dalla società borghese dell’Ottocento alla società delle masse del Novecento, hanno modificato in maniera significativa i processi che conducono alla credibilità. All’interno di questo processo si colloca anche la Chiesa che, pur avendo origine e finalità distinte da quelle delle istituzioni e delle aziende, rappresenta un’organizzazione dotata di autorità di tipo spirituale. È assai difficile, in questo senso, riattivare le forme classiche della relazione “verticale” in un ambiente caratterizzato da un modello comunicativo orizzontale, reticolare e socializzato.
Inizialmente i primi grandi influencer sono state le celebrity, che riuscivano a capitalizzare sul web la visibilità guadagnata in altri ambiti. Adesso si assiste all’aggiornamento continuo della lista dei top ten influencer: super-utenti che sono in grado di rivolgersi a un target in maniera convincente.
«Allo stesso modo – avverte l’autore della ricerca – chi è nelle condizioni di incidere su opinioni e atteggiamenti pubblici non è detto che sia necessariamente credibile, ovvero che goda di una reputazione condivisa. Credo sia indispensabile, dunque, che la Chiesa riaffermi la sua autorità anche nei contesti digitali a partire dalla credibilità. D’altronde, è la strada indicata da Papa Francesco: “Mentre siamo sulla strada verso Gerusalemme, il Signore cammina davanti a noi per ricordarci ancora una volta che l’unica autorità credibile è quella che nasce dal mettersi ai piedi degli altri per servire Cristo”».
«La grande costellazione post mediale delle comunicazioni social», ricorda Viganò, è andata avanti durante questo difficile tempo, rivelando però la sua «natura conversazionale», il suo ruolo di «cassa di risonanza emotiva», che è utile, importante, fondamentale, ma abbiamo bisogno, sembra ricordarci “Testimoni e influencer”, di tenere chiaro a mente che i legami digitali non sono sufficienti per vivere appieno le relazioni e costruire il bene, per affrontare le difficoltà del presente e del tempo che verrà.
Al tempo stesso, però, di questo presente è necessario conoscere e saper manovrare le modalità comunicative per aggiungere efficacia alla testimonianza e alla credibilità. Anche per la Chiesa.
Esistono però «elementi di profonda novità da un punto di vista comunicativo»: quelli della mediazione, ovvero di «una relazione» caratterizzata da «distanza e discontinuità», per cui non «facciamo esperienza dell’autorità ma della sua rappresentazione mediale».
Franco Maresca