Come ricordato dalla diocesi di Pozzuoli, appena appresa la notizia, il professor Giamminelli ha dato un contributo enorme dal punto di vista della ricerca storica ed archivistica, membro della Commissione diocesana per l’Arte sacra e redattore della rivista Proculus, collaborando in particolare con don Angelo D’Ambrosio nella produzione di opere significative sulla storia dell’area flegrea.
– Le Chiese di Pozzuoli, 1964, con Angelo D’Ambrosio;
– Ieri e domani del Rione Terra di Pozzuoli, 1972;
– Il Duomo di Pozzuoli. Evoluzione del tempio augusteo in Chiesa cristiana “Episcopium sancti proculi”, 2000, con Angelo D’Ambrosio.
Vivendo a Piazza della Repubblica, ogni settimana andava a fargli visita il parroco di Santa Maria delle Grazie, don Tonino Russo: «Dobbiamo ringraziare tutti Giamminelli – ha sottolineato commosso – per ciò che ci ha insegnato. Nato nel Rione Terra, gli piaceva raccontare, soprattutto alle giovani generazioni, le tradizioni, la quotidianità della vita nei vicoli, ripercorrendone la storia, nel periodo buio del bradisismo. Insieme a don Angelo D’Ambrosio, ci hanno fatto innamorare della città, spingendo affinchè venisse alla luce lo splendore del Duomo puteolano, ci hanno insegnato ad amare il nostro territorio».
Sentimenti condivisi da don Mario Russo, parroco di Sacro Cuore ai Gerolomini: «Dopo Angelo D’Ambrosio con il professor Raffaele Giamminelli, Pozzuoli perde la vera memoria storica e scientifica delle sue radici. Grazie prof per l’amore profuso per la città e la diocesi».
E nel Rione Terra sarà celebrato il funerale lunedì 24 agosto, alle ore 10.30, nella Cattedrale San Procolo martire, presieduto dal vescovo, monsignor Gennaro Pascarella.
Segni dei tempi ha più volte ospitato articoli e riflessioni del professor Raffaele Giamminelli, grande analista e conoscitore dei Campi Flegrei.
Nel numero di marzo 2012, abbiamo avuto l’onore di ospitare un suo «j’accuse» sul territorio. Riportiamo qui integralmente il testo dell’articolo pubblicato allora, nel quale si fa il punto sulle risorse territoriali e sulla loro scarsa valorizzazione.
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Qui manca la cultura dell’accoglienza
I Campi Flegrei vantano un’eccezionale presenza di reperti archeologici: sminuzzati e abbandonati
Ma che tipo di turismo si può fare in un ambiente intensamente e selvaggiamente urbanizzato, troppo vicino alla grande metropoli che da tempo ha allungato i suoi tentacoli, devastando le ubertose plaghe di Bagnoli, Fuorigrotta, Soccavo, Pianura e Quarto? Non sono da meno le superaffollate Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto che non hanno mai pianificato e concordato il loro sviluppo urbanistico, individuando funzioni differenziate e integrate. Dal già citato censimento del 2001, si rileva che i Campi Flegrei (Bagnoli, Fuorigrotta, Soccavo, Pianura, Quarto, Monte di Procida, Bacoli e Pozzuoli) hanno una densità territoriale di 3.483 abitanti per chilometro quadrato (365.657 abitanti su un territorio di 104,99 kmq); anche in questo caso i dati ufficiali sono inferiori a quelli reali. Però, negli ultimi anni si registra un certo calo a Soccavo e Pianura, brutalmente edificate negli anni Settanta-Ottanta, e un incremento nelle zone verso Licola e Varcaturo…
I Campi Flegrei vantano una eccezionale presenza di reperti archeologici, sminuzzati, però, su un vastissimo territorio, spesso poco curati, se non abbandonati, e affogati in contesti ambientali profondamente degradati. Si veda, la necropoli di via Solfatara, mortificata da un orribile ponte in ferro e obliterata da una rigogliosa vegetazione; gli scavi lungo via Campana, con discutibili coperture in ferro che non coprono nulla, specialmente quelle orrende della necropoli di San Vito. L’invisibile anfiteatro neroniano-flavio, nascosto da una cortina di fronzuti alberi ed estraniato dal tessuto urbano da una pesante recinzione, che non è riuscito a diventare un vero attrattore turistico, per l’assenza di valide e continue proposte di utilizzo. Ormai, l’insigne monumento, a parte le precarie condizioni di agibilità, è circondato da edifici che rendono difficile ogni discorso di rilancio. Lo stadio di Antonino Pio, tra via Luciano e via Campi Flegrei, che doveva attirare chissà quale flusso turistico, è caduto nell’oblio come tutti gli altri episodi, compreso il tanto noto “tempio di Serapide”, offeso dal discutibile restauro delle gigantesche tre colonne e l’inutile e brutta balaustrata in legno…
Su questi temi, provocatoriamente appena accennati, dovrebbero cimentarsi pubblicamente i nostri signori politici e non blaterare i ripetitivi luoghi comuni, discutendo soltanto di alleanze e strategie elettoralistiche.
Una delle cause negative dei Campi Flegrei è stata l’assenza di deputati, senatori, consiglieri regionali, provinciali e comunali di grande spessore etico-culturale, capaci di far valere le sacrosante esigenze della loro zona, tanto ricca, quanto bistrattata. Purtroppo, il problema di fondo è che manca nella popolazione e, peggio ancora, nei rappresentanti politici la “cultura del turismo”, il senso dell’accoglienza.
Come è possibile fare turismo in una zona così maltrattata? Innanzitutto, si dovrebbe sistemare la propria casa, renderla vivibile per chi ci abita, per poter poi invitare gli estranei.
Raffaele Giamminelli
Segni dei tempi – marzo 2012