La Shoa nel pallone. Ad Acerra la Giornata della Memoria nel ricordo di due allenatori ebrei perseguitati





Quest’anno, insieme all’Associazione “Eidos”, la Diocesi di Acerra ha voluto celebrare il Giorno della Memoria ricordando la vicenda di due allenatori di calcio ungheresi di origine ebraica che hanno legato il loro nome a importanti squadre di serie A: Weisz e Erbstein.

Arpad Weisz fu allenatore dell’Inter (allora si chiamava Ambrosiana), lanciò il fuoriclasse Meazza, fu il più giovane allenatore a vincere uno scudetto (record ancora imbattuto), allenò il grande Bologna (“che tremare il mondo fa”) ma dovette lasciare l’Italia a causa delle leggi razziali e, deportato dall’Olanda, finì in un forno crematorio di Auschwitz.

Ernö Erbstein fu invece mitico allenatore della Lucchese e poi del Grande Torino. Dovette lasciare la guida del Toro per quelle leggi razziali e, ritornato a Budapest, stava per essere deportato in un campo di concentramento ma fu salvato da Carl Lutz. Questi era l’ambasciatore svizzero che partecipava a quell’operazione di salvataggio di ebrei ungheresi ideata dai diplomatici presenti a Budapest nel 1944 e che vide in prima linea l’acerrano mons. Verolino. Ritornato alla guida del Torino, morì nello schianto di Superga.

Occasione è il libro scritto dal nolano Angelo Amato de Serpis “Arpad ed Egri”. Con un approccio meno pesante ma non superficiale alla tragedia della Shoah, egli propone al lettore le figure di due importanti allenatori ungheresi e di origine ebraica che hanno lasciato una duratura impronta nel calcio italiano ma che sono stati travolti dalle leggi razziali dell’Italia fascista e dalla Shoah.

Arpad Weisz e Erno Erbstein (Egri) sono due personaggi di un calcio di altri tempi; due signori del “pallone”, che, al di là di quelle vicende tragiche, ai più anziani fanno riassaporare un ambiente sportivo più sano, più vero.

Il libro ricostruisce separatamente la storia di questi due personaggi accomunati dalla nazionalità ungherese (“danubiani”, erano definiti i tanti calciatori che provenivano dall’Est europeo) e dall’origine ebraica.

Per il direttore dell’Ufficio beni culturali della diocesi di Acerra, Gennaro Niola, «la Shoah ci ricorda che ogni qualvolta che si perde di vista la sacralità dell’umanità, ogni qualvolta si banalizza l’esperienza di vita accantonando ogni valore si lascia spazio a farneticazioni che offendono la dignità dell’uomo e non salvano alcuna espressione della vita».

CS Antonio Pintauro – ucs@diocesiacerra.it

 





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