Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium ha sottolineato come “nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita” (n. 192). Queste riflessioni hanno costituito il punto di partenza della 48ª Settimana Sociale, che ha visto la partecipazione a Cagliari di circa 1000 delegati provenienti da tutte le diocesi d’Italia. L’obiettivo è stato quello d’individuare proposte fattive in tema di lavoro, alla luce del Vangelo e della Dottrina Sociale, in quanto “sulla realtà del lavoro si gioca il futuro di una società ed anche la responsabilità dei cattolici in politica”.
Così come indicato nell’ Instrumentum laboris delle Settimane Sociali 2017: “Il lavoro era e rimane un’esperienza umana fondamentale che coinvolge integralmente la persona e la comunità. Esso dice prima di tutto quanto amore c’è nel mondo: si lavora per vivere con dignità, per dar vita a una famiglia e far crescere i figli, per contribuire allo sviluppo della propria comunità. Il lavoro umano è un’esperienza dove coesistono realizzazione di sé e fatica, contratto e dono, individualità e collettività, ferialità e festa. Esso richiede passione, creatività, vitalità, energia, senso di responsabilità perché nelle imprese, nelle botteghe, negli studi professionali, negli uffici pubblici, la differenza, alla fine, la fanno le persone. Come scrive Giovanni Paolo II nella Laborem Exercens (1981): “Mediante il lavoro, l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in certo senso, «diventa più uomo»” (n. 9). Mutuando inoltre dalla regola benedettina, si può dire che ‘lavorare non significa solo creare ricchezza, ma partecipare alla creazione del mondo”.
Le giornate (dal 26 al 29 ottobre) sono state scandite innanzitutto dall’ascolto delle “storie della gente che lavora”; storie di speranza, ma anche di abusi nei confronti dell’uomo e della natura. Significative le testimonianze di chi ha subito i soprusi del Caporalato, in particolare nelle campagne del Mezzogiorno, dove i bistrattati migranti divengono schiavi per assicurare ai nostri mercati e alle nostre tavole pomodori e altri ortaggi a prezzi molto contenuti. Centrale è stato il momento della denuncia delle storture del sistema, delle prepotenze di imprenditori senza scrupoli, di politiche spesso miopi o cieche di fronte ai bisogni primari di ogni persona e della natura, rivolta a noi tutti semplici cittadini che non utilizziamo eticamente i nostri risparmi (presi dal “consumismo ossessivo”, dal vortice degli acquisti e delle spese superflue, richiamati da Papa Francesco nella Laudato Si’, di cui riportiamo più avanti alcune riflessioni).
Su tali premesse, al fine di saper affrontare i problemi e far sì che l’Italia si muova in una direzione di responsabilità e d’impresa costruttiva, si è proceduto col condividere le tante e silenziose buone pratiche disseminate in tutti i territori diocesani dello stivale, raccolte da Next e Progetto Policoro nell’ambito dell’azione “Cercatori di LavOro”.
Sono state elaborate e presentate quattro proposte al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e tre mozioni al presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, intervenuti a Cagliari per favorire la creazione di “buon lavoro” (per approfondimenti si rinvia al sito www.settimanesociali.it).
Le emergenze presentate al Governo italiano, sono state:
1) Formazione&Giovani, per rendere i giovani capaci di saper cogliere le opportunità dei nuovi tempi (circa 300mila sono i posti di lavori vacanti in Italia per mancanza di competenze);
2) PIR alle PMI, allargare l’erogazione dei Piani individuali di risparmio anche alle Piccole e Medie Imprese per favorirne investimenti e accrescimento di competitività;
3) Modifica del Codice degli Appalti, per accentuare il cambio di paradigma che premi la sostenibilità ambientale e non solo il massimo ribasso economico, per favorire le imprese virtuose;
4) Rimodulazione delle Aliquote IVA, andando a premiare le imprese che lavorano rispettando criteri socio ambientali minimi oggettivamente misurabili.
Gli ambiti di azione evidenziati al Parlamento europeo sono stati:
1) Stop ai Paradisi fiscali, armonizzando la fiscalità tra tutti i paesi e andando ad eliminare i Paradisi Fiscali presenti all’interno della Comunità Europea;
2) Accrescere investimenti produttivi e infrastrutturali, andando opportunamente a trattarli nelle discipline di bilancio dei Privati e degli Stati;
3) Integrando il parametro dell’occupazione nello Statuto della BCE, accanto a quello dell’inflazione come riferimenti per le scelte di politica economica.
A noi cittadini ora il compito di monitorare l’implementazione di tali proposte e di diffondere nelle nostre comunità la “cultura cristiana del buon lavoro”.
A chiusura dei lavori, monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, ha sottolineato come tracce da approfondire nelle diocesi: “La dignità del lavoro è la condizione per creare lavoro buono: bisogna perciò difenderla e promuoverla” durante i lavori“Sono state sempre presenti dinanzi ai nostri occhi i volti delle persone, di chi non ha lavoro, di chi non lo ha più, di chi rischia di perderlo, di chi ha un lavoro precario o non degno perché incapace di sostenere il costo della vita e della famiglia”. “La testimonianza di Stefano Arcuri marito della bracciante Paola Clemente, morta mentre lavorava nei campi – ha detto il vescovo – ci ha tenuti con fiato sospeso ed ha mostrato la ferita che ci lacera il cuore quando il lavoro non è per la vita, ma per la morte. Per lei e per tutte le vittime del lavoro la nostra preghiera”.
Ha inoltre aggiunto “Il lavoro risponde al bisogno della persona, alle sue esigenze fondamentali che sono di pane, di realizzazione, di significato, di giustizia, di felicità, di infinito. Per questo obiettivo vale la pena il sudore quotidiano, la fatica e il sacrificio, ma anche il giusto riposo perché il lavoro non si trasformi in idolo”. “Senza il riposo ogni lavoro è schiavitù”, e il frutto del lavoro “può essere goduto solo se lasciamo uno spazio libero di non lavoro e di festa, e questo abbiamo il diritto dovere di farlo particolarmente nel giorno del Signore”. “Nel lavoro fatto con un senso, e quindi ben fatto, si costruisce la persona, la famiglia, la società portando avanti l’opera creatrice di Dio”, ha proseguito il presule, sottolineando che durante i lavori “abbiamo preso in considerazione le più evidenti criticità e tra loro innanzitutto quella che riguarda il rapporto giovani e lavoro e quindi la distanza tra sistema educativo e mondo del lavoro, il lavoro delle donne, il lavoro e la cura della casa comune, il lavoro malsano, pericoloso e le altre criticità del lavoro”.
Tra le cause della disoccupazione e delle varie criticità messe in evidenza dagli esperti, figurano “investimenti senza progettualità; finanza senza responsabilità; tenore di vita senza sobrietà; efficienza tecnica senza coscienza; politica senza società; rendite senza ridistribuzione; richiesta di risultati senza sacrifici”. Una vera “conversione culturale”, legata “alla riscoperta del senso del lavoro come lo ha vissuto nelle sue forme migliori il cattolicesimo democratico e popolare in dialogo con le altre visioni della vita presenti nel Paese”. “Ciò accade mediante la valorizzazione dei legami sociali e spirituali in un nuovo rapporto tra imprenditore e lavoratore quando, come ha detto il Papa a Genova, l’imprenditore non deve confondersi con lo speculatore” e quindi riscoprendo un nuovo ruolo decisivo dell’impresa”, il suggerimento del vescovo, secondo il quale “è sempre più importante mettere insieme economia e società, le persone con le loro aspirazioni legittime e la visione alta della politica”.
Infine, ha ricordato il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei: “Per fare la quantità di lavoro occorre puntare sulla sua qualità: passare da un’economia della sussistenza, come fabbricazione e sfruttamento, ad un’economia dell’esistenza, produttrice, cioè, di saper-vivere e di saper-fare”. In una parola, “umanizzare” il lavoro.
Giuseppe Familiari
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Dalla Laudato Si’:
- Dal momento che il mercato tende a creare un meccanismo consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti, le persone finiscono con l’essere travolte dal vortice degli acquisti e delle spese superflue. Il consumismo ossessivo è il riflesso soggettivo del paradigma tecno-economico. Accade ciò che già segnalava Romano Guardini: l’essere umano «accetta gli oggetti ordinari e le forme consuete della vita così come gli sono imposte dai piani razionali e dalle macchine normalizzate e, nel complesso, lo fa con l’impressione che tutto questo sia ragionevole e giusto».Tale paradigma fa credere a tutti che sono liberi finché conservano una pretesa libertà di consumare, quando in realtà coloro che possiedono la libertà sono quelli che fanno parte della minoranza che detiene il potere economico e finanziario. In questa confusione, l’umanità postmoderna non ha trovato una nuova comprensione di sé stessa che possa orientarla, e questa mancanza di identità si vive con angoscia. Abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici fini”.
- Un cambiamento negli stili di vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. È ciò che accade quando i movimenti dei consumatori riescono a far sì che si smetta di acquistare certi prodotti e così diventano efficaci per modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione. È un fatto che, quando le abitudini sociali intaccano i profitti delle imprese, queste si vedono spinte a produrre in un altro modo. Questo ci ricorda la responsabilità sociale dei consumatori. «Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico». Per questo oggi «il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi».”
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Una bella esperienza, da raccontare a tutti
Ho avuto la fortuna di partecipare alla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (che si è svolta nella Fiera di Cagliari, dal 26 al 29 ottobre), insieme al diacono Alberto Iannone, direttore della Pastorale del lavoro, e Giuseppe Familiari, tutor del Progetto Policoro della diocesi di Pozzuoli. Era la mia prima esperienza in merito: ho incontrato molte intelligenze e tanto entusiasmo. Giovedì abbiamo assistito alla presentazione del programma che ci avrebbe visto protagonisti i giorni successivi. Venerdì la sveglia è suonata presto e abbiamo aperto la giornata celebrando tutti insieme l’eucarestia. Dopo di che ci siamo divisi, raggiungendo ognuno il suo tavolo di lavoro, per partecipare all’elaborazione di proposte concrete da presentare al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e al presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani. Forse quello dei tavoli è stato il momento più bello della quattro giorni: vero confronto e creazione di reti, cosa che invece è mancata nelle altre parti della giornata, dove predominava un certo senso di autoreferenzialità, più proprio della politica che della Chiesa. Un bel momento è stato anche vedere in anteprima il film sui “cercatori di lavoro”, in cui veniva dimostrato come spesso, anche in grandi aziende, essere cristiano fa la differenza: da realtà in cui venivano assunti disabili a realtà che mantengono i valori cristiani anche nell’ingegneria aerospaziale, come nel caso di D-Orbit. Avviandoci alla conclusione di questa avventura eravamo un po’ giù, perché vedevamo nelle proposte fatte, tanti principi di un qualunque economista con un briciolo di coscienza, ma poco Vangelo. Poi, per fortuna, le conclusioni finali di monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, e di monsignor Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, hanno eliminato le nostre remore. E’ stato sottolineato che il lavoro rappresenta patrimonio della Chiesa messo al servizio dei giovani per fare impresa; occorrer, come più volte richiesto da monsignor Brigantini, intervenire facendo in modo che la domenica non si lavori, permettendo così alle famiglie di godere del proprio tempo. Sottolineava, infatti, Luigino Bruni nel primo giorno dei lavori: “È folle chi è inattivo, non partecipando col lavoro all’opera della creazione; ma è ancor più folle chi vive la propria vita dedicandosi esclusivamente al lavoro, chiudendosi in un mondo sempre più solo”.
Mario Viglietti