Sette Fondazioni antiusura del Sud – Paulus di Pozzuoli, Interesse Uomo di Potenza, Nashak di Teggiano, San Matteo apostolo di Cassano allo Jonio, De Grisantis di Ugento, Exodus 94 di Castellammare di Stabia, don Puglisi di Portici – scrivono “ai responsabili della cosa pubblica e a quanti hanno il potere di manovrare l’economia, quella piccola e quella grande”, per chiedere interventi urgenti soprattutto nei “territori maggiormente strangolati da una piovra come l’usura che da queste parti è sempre più un affare di mafia”.
«Non rappresentiamo tutte le realtà associative del movimento antiusura – sottolineano nella nota le realtà che operano in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia – ma di certo rappresentiamo il dolore e la fatica di quelle tante persone che soprattutto in questo difficile periodo di pandemia stanno raschiando il fondo del barile per evitare quell’abbraccio mortale, e tanti altri che invece a quella piovra si sono dovuti necessariamente rivolgere. Il nostro dunque è un grido di dolore».
Volutamente le organizzazioni non presentano una lista di richieste specifiche, non elencano le tante proposte operative effettuate per migliorare le leggi o per mettere in campo nuovi strumenti contro l’usura, ma chiedono di “fare presto” e innanzitutto “di fare”. Un appello formulato da chi “porta negli occhi” le tante – le “troppe” – storie di sofferenza e di fatica quotidiana.
«Fate presto. Si metta subito e realmente in circolazione l’economia a sostegno promessa a tanti operatori economici in difficoltà – concludono i promotori della sottoscrizione –. Perché la rabbia monta dinanzi ad una liquidità ormai inesistente e ad una pressione fiscale, soprattutto da parte dagli enti locali, che è tornata a togliere il fiato. Infine, chiediamo alla politica di tornare ad esercitare il proprio ruolo istituzionale di vigilanza nei confronti di quelle Banche che paradossalmente proprio in questo tempo di emergenza stanno rescindendo le convenzioni con le Fondazioni, sancite tra l’altro dalla legge, ritenendo sempre più rischiosi i loro interventi, e delle tante Banche che ci risultano essere sempre più latitanti dagli impegni assunti negli anni in cui sottoscrivevano Protocolli di intesa con le istituzioni e le associazioni».