«Noi napoletani siamo abituati culturalmente a parlare guardandoci negli occhi, a incontrarci nei caffè, a toccarci mentre discutiamo. Noi siamo un mondo aggregativo che non sa adattarsi alla distanza fisica». Lo scrittore Maurizio De Giovanni ha trascorso la quarantena a modo suo, scrivendo, completando l’ultimo romanzo “Una lettera per Sara” che è stato appena pubblicato.
Uscito appena hanno riaperto le librerie?
«Sì, per mia scelta. Io vendo molti libri on line e, quindi, avrei potuto profittare del lockdown, del blocco. Ho deciso invece di aspettare la riapertura delle librerie proprio per dare un segnale. Riaprirle al pubblico è stato importante e io, in qualche modo, ho voluto dare un mio piccolo contributo al settore».
Mentre lei scriveva si è purtroppo interrotta la produzione di fiction in città. Napoli ha visto mozzato il suo volto di set cinematografico. Alcune fiction bloccate sono tratte dai suoi libri, giusto?
«Proprio così, al momento del lockdown erano in corso a Napoli le riprese di tre fiction, tutte tratte dai miei libri, tra cui la terza serie dei Bastardi di Pizzofalcone e la prima serie del commissario Ricciardi».
Non si parla mai sufficientemente dei danni economici gravissimi che il Coronavirus sta causando al mondo della cultura. Mi riferisco non solo all’editoria, ma anche alle produzioni televisive e cinematografiche, al teatro, alla musica. Ci sarà una ripresa?
«Io vedo un danno enorme soprattutto per il mondo del teatro. E soprattutto qui in Campania, qui a Napoli. Così come vedo un danno enorme per il mondo della musica, per i concerti. E dico soprattutto a Napoli perché qui la cultura è spettacolarizzazione. La nostra forza espressiva è nello scambio, nell’interazione tra i diversi generi. Tra scrittura e musica, tra scrittura e teatro. Questo scambio è fondamentale per la nostra generazione di scrittori tutti abituati ad esprimerci personalmente, non solo attraverso quello che scriviamo come accadeva ai tempi di Michele Prisco e Luigi Compagnone. Noi siamo abituati ad andare a teatro anche per presentare i nostri lavori, a farlo personalmente di fronte al pubblico».
Dopo la giusta paura per la pandemia, ora siamo tutti terrorizzati per il futuro della nostra economia in molti campi. Lei cosa vede?
«Il primo pensiero, il primo augurio è alla nostra economia. Non eravamo pronti ad affrontare la pandemia ma lo abbiamo fatto. Ora non siamo pronti ad affrontare una dura crisi economica. Non siamo pronti. Penso ai lavoratori, ai giovani, penso agli amici attori, alle tante famiglie in difficoltà nei vari campi e, tra questi, nel mondo del teatro e tutto ciò che si muove attorno al teatro, al mondo della musica. Senza il teatro, senza i concerti tante famiglie come vivono? Un musicista vive con i concerti, le feste, gli incontri. Tutto interrotto e la ripresa appare molto complicata. In tanti campi e molto, moltissimo nel nostro mondo culturale».
Le regole sul distanziamento non complicano la vita solo a ristoranti, discoteche e bar ma anche molto al mondo dello spettacolo?
«Le misure sul distanziamento impediscono di girare film e fiction. Come si fa a riprendere un bacio oppure una colluttazione? Misure che ovviamente penalizzano teatri e cinema. Se avete notato, dal teatro allo sport, in televisione da marzo vanno in onda solo repliche».
Il governo sta immettendo risorse in molti campi, anche verso la cultura. Sarà sufficiente?
«Io credo che senza un massiccio intervento dell’Europa, che al momento non si vede, ci saranno poche possibilità di un effettivo rilancio della nostra economia».
Secondo lei gli effetti della crisi a Napoli saranno più o meno gravi rispetto al resto del Paese?
«Napoli dà sempre l’impressione di saper reagire, di poter uscire dalle crisi più gravi, Il napoletano dà questa impressione che, invece, altre città d’arte come Firenze e Venezia non offrono. Io mi auguro comunque che presto ci sia una forte reazione, mi auguro se ne esca presto e che si trovi una cura in relazione alla forte carica del virus».
(articolo completo sul cartaceo Segni dei Tempi)