Una storia esemplare di missione educativa, salvaguardia della memoria storica, azione culturale di alto livello: è il Museo del Mare di Napoli, che si trova nella sede dell’istituto Nautico Duca degli Abruzzi, sul mare di Bagnoli, fra Posillipo e Pozzuoli, in faccia al Capo Miseno. Non poteva esserci (e non c’è) sede migliore: quella che pareva una avversità, ossia l’ostinato stupido disconoscimento da parte delle “competenti autorità” del settore, s’è rivelata una vera fortuna. Il Museo non è stato né assorbito né integrato né stritolato in altre annunciate e mai realizzate mastodontiche iniziative della portualità napoletana. La Fondazione Thetis che lo sostiene e l’Associazione Amici del Museo del Mare si sono rafforzate, hanno dato vita a un fitto programma (ideato da Maria Antonietta Selvaggio, docente nell’Università di Salerno) di iniziative sulla memoria dei luoghi e degli eventi.
Nelle otto sale restaurate, la nuova sistemazione museale (opera dell’architetto Paola Pozzi) ha messo in grande evidenza il valore dei reperti raccolti e custoditi con grande cura dal direttore Antonio Mùssari, storico della marineria, già docente nel Nautico. Il Museo ospita mostre documentarie su eventi come la battaglia di Lepanto, gli arsenali storici del Mediterraneo, e su quella splendida avventura educativa della nave-scuola Caracciolo, dove la nobildonna Giulia Civita Franceschi raccolse in 15 anni ben 750 bambini poveri o abbandonati, trasformandoli in marinai – molti divennero ufficiali – con un sistema educativo che suscitò ammirazione in tutto il mondo (e fu adottato in Giappone per le navi scuola). E che ovviamente fu stroncato dal fascismo nel 1928, quando la nave e le altre scuole (una anche per le bambine) vennero incluse nell’Opera Nazionale Balilla e svuotate di ogni novità educativa.
La storia del Museo del Mare comincia nel 1904, quando diventa autonomo l’Istituto Tecnico Navale con sede in via Tarsia, erede della seicentesca Scuola per Pilotini nella quale si erano formati protagonisti della marineria napoletana d’epoca borbonica quali Francesco Caracciolo e Giovanni Bausan. Dopo il terremoto del 1980 (quando l’edificio di via Tarsia fu occupato dai senzatetto) l’istituto Nautico fu trasferito nella nuova sede di Bagnoli, proprio all’inizio di via di Pozzuoli, e furono il preside Vittorio Mangano e il segretario Mario Langella a salvare dal saccheggio, trasportandoli con mezzi propri, la gran parte dei preziosi reperti, alcuni antichissimi e unici; riunito l’intero patrimonio, nel 1992 fu ottenuto il riconoscimento del valore scientifico e tecnico da parte del Ministero Turismo e Spettacolo e in occasione delle “Colombiadi” il Museo fu inserito nella Guida Europea dei Musei Navali. Due donne dirigenti, Angela Procaccini prima e l’attuale Elvira Laura Romano, hanno appoggiato e incoraggiato l’opera di Antonio Mùssari che, dopo l’insegnamento, s’è dedicato alla catalogazione del materiale esistente e alla raccolta di un numero interminabile di donazioni e lasciti di privati: libri, manuali, antiche strumentazioni nautiche, preziosi modelli di ogni epoca, componenti e apparati di vecchi motori, strumentazioni di radiotrasmissioni, reperti preziosi per gli storici, utilissimi per la didattica attuale. Nulla a che vedere con una raccolta di modellini navali magari dentro una bottiglia… Anzi, ruolo sempre più intenso di Museo-Laboratorio delle arti navali, libero e indipendente, isola culturale di alto livello ed esempio di quel volontariato culturale destinato a sconfiggere ogni rigurgito di ignoranza e arretratezza.
Eleonora Puntillo
Con le ali della fantasia tutti diventano capitani
Il gran veliero “Vasa” affondato appena varato nel porto di Stoccolma nel 1628, ritrovato a metà del ‘900, ripescato, restaurato in trenta anni di lavoro. Il Museo che gli è stato costruito intorno lascia svettare le cime degli alberi maestri, e attira milioni di visitatori da tutto il mondo: la sua storia in una fiction e la documentazione video si possono vedere e ascoltare comodamente seduti in una delle postazioni disponibili nel corridoio principale del Museo del Mare. Così come tante storie marinare e tanti documentari didattici e storici. Nella brochure di presentazione il direttore Antonio Mùssari scrive: «La conoscenza è un’avventura dello spirito che può essere vissuta da chi è ben disposto a cercarla… in un Museo come questo ognuno può dare ali alla fantasia ed entrare nell’immenso universo del mare… la più antica fonte di vita, orizzonte esteso sul mistero, porta aperta sui sogni… Gli oggetti che il Museo contiene si animano e per incanto l’avventuroso diventa Capitan Nemo, il navigatore Colombo, il pescatore Achab, il bambino Peter Pan… gli ospiti di questo museo diventano tutti Capitani». La cabina del marconista, i radiogoniometri, il telegrafo senza fili di Guglielmo Marconi, le sfere armillari con le costellazioni, l’astrolabio sferico, la pentola di Papin, la Carta Pisana del XIII secolo, il Portolano Mediterraneo, le Rose dei Venti e le tavole del capitano Schuck, la misteriosa “toleta del martiloio” ovvero la determinazione della posizione mediante la trigonometria applicata alla navigazione, la Bussola Thomson sono solo alcuni delle migliaia di reperti scritti (nella cospicua biblioteca) o fisicamente presenti in quelle sale, dove davvero vale la pena di perdersi.