Durante il suo storico viaggio in Mongolia, domenica 3 settembre, Papa Francesco ha presieduto la Messa e, al termine della liturgia ha invitato il vescovo emerito di Hong Kong Tong Han e l’attuale vescovo Zhou Shouren a salutare il popolo cinese.
Il Papa ha affermato che il popolo cinese è un popolo “nobile” e ha chiesto ai cattolici cinesi di essere “buoni cristiani e buoni cittadini”.
I commenti a braccio sono l’ultimo tentativo di Francesco in ordine di tempo, di rassicurare il governo comunista cinese, ancora diffidente nei confronti della presenza della Chiesa nel Paese.
Il Papa continua a sostenere che i governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’opera di evangelizzazione della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, anche se la bimillenaria storia della Chiesa in Occidente, ben nota agli storici cinesi, non sempre conferma tale affermazione .
La libertà di religione in Mongolia, democrazia dal 1992 e dove le principali religioni sono il buddismo e lo sciamanismo , sembra una realtà in netto contrasto con la vicina Repubblica Popolare Cinese.
Il Papa, attraversando lo spazio aereo cinese diretto verso la Mongolia, aveva già inviato “un messaggio di saluto e di augurio” al presidente Xi Jinping e al popolo cinese.
A tale messaggio il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin aveva risposto : “La Cina è pronta a continuare a lavorare con il Vaticano per impegnarsi in un dialogo costruttivo, migliorare la comprensione, rafforzare la fiducia reciproca”.
Per dirla con il Padre fondatore della Repubblica Popolare Cinese Mao Tse-tung: “Il mondo progredisce, l’avvenire è radioso e nessuno può cambiare il corso generale della storia”.
Siamo di fronte a tradizioni diplomatiche ultramillenarie ed è estremamente difficile indovinare quale sarà il risultato di questo tentativo di avvicinamento tra la superpotenza mediatica vaticana e la superpotenza cinese.
Carlo Marino