In genere, alla fine dell’anno si cerca di stilare il bilancio dei mesi appena trascorsi. Ho cercato di farlo anch’io, e mi sono accorto che purtroppo non c’è molto da stare allegri. L’anno scorso, c’erano almeno i successi sportivi – dalla conquista dell’Europeo ai trionfi olimpici – a risollevarci il morale, ma ora nemmeno questo. Dobbiamo registrare in più, invece, una nuova guerra in Europa (stavo scrivendo “per la prima volta dal 1945”: ma non è così, non possiamo dimenticare ciò che è accaduto negli anni ’90 nell’ex Jugoslavia), e che non sia cosa da poco lo dimostra la rinnovata paura di una guerra nucleare e la grave crisi che sta dando il colpo da ko a un’economia internazionale già in ginocchio. E che dire poi della crisi politica che ha portato a elezioni anticipate, e alla formazione di un nuovo Governo che deve affrontare una situazione molto complessa e delicata? Qualcuno dirà: almeno, non c’è più la pandemia… Ecco, se qualcuno sta pensando questo, meglio che non lo dica a voce alta, perché il Covid è ancora tra noi e non ha smesso di contagiare: in modo più leggero, indubbiamente, ma non sembra arrivato ancora il momento di abbassare la guardia. Insomma, questo 2022 non è stato per niente un anno facile.
A me sembra però che il cancro che rode dall’interno il nostro tempo non siano nemmeno la guerra, la crisi economica e politica, le difficoltà finanziarie delle famiglie. No, c’è un male più profondo, subdolo, al quale pericolosamente ci stiamo assuefacendo: la perdita della nostra umanità. Ci stiamo trasformando in esseri sempre più insensibili, chiusi in noi stessi, sordi alle esigenze e ai bisogni degli altri, incapaci di compassione e di empatia. Le relazioni, a tutti i livelli, sono sempre più conflittuali, segnate da profondo malessere e disagio psicologico, e spesso arrivano a sfociare in veri e propri atti gratuiti di violenza: com’è accaduto ad Assago, dove un uomo ha ucciso e ferito diverse persone solo perché non sopportava di vederle felici! La festa del Natale viene a donarci la cura per questo cancro, e a chi sa ascoltarla in profondità traccia una via per il rinnovamento profondo della cultura e della società di oggi. Perché ci viene a parlare di un Dio che si fa tenera e pulsante carne di neonato: per incontrare Dio, non dobbiamo andare in cielo, negli inferi, o alle estremità del mare (Salmo 139), ma dobbiamo chinarci sulla viva carne dell’uomo e sulle sue ferite, farci carico delle sue paure e delle sue debolezze, prenderci cura della sua fragilità. Come comunità di credenti, abbiamo questo grande compito, quello di preparare le strade a un mondo nuovo, semplicemente incontrando l’uomo nella sua concretezza. Dobbiamo solo, come dice Susanna Tamaro nel titolo del suo ultimo libro, “tornare umani”.