Devo confessare una cosa: ho timore di affrontare l’argomento che ho scelto per quest’articolo di apertura, perché qualcuno potrebbe trovarlo ripetitivo, noioso, scocciante. «Ma non potevi scegliere un altro argomento?», mi dirà qualcuno. No, purtroppo, rispondo io. Perché il tema che ho scelto è l’inizio del Sinodo dei Vescovi, fatto importante per la Chiesa universale, nuovo già ad iniziare dalla sua modalità di apertura.
Per la prima volta, infatti, un Sinodo di Vescovi della Chiesa cattolica si è aperto in tutte le diocesi con una celebrazione particolare. In questo modo, il Sinodo è, sì, della Chiesa universale, ma riguarda e coinvolge anche le nostre Chiese particolari: insomma, è affar nostro, né più né meno che del Papa e dei Cardinali e dei Vescovi partecipanti al Sinodo. Per un anno, dunque, ogni Chiesa locale verrà consultata su tutta una serie di temi che hanno al centro la “sinodalità”.
Ed ecco l’altro elemento nuovo, strano, che mi ha incuriosito e spinto a scegliere questo tema: tutta la Chiesa, infatti, non si limiterà a vivere un Sinodo, ma farà un Sinodo in cui si parlerà… del Sinodo. Come dire: cerchiamo insieme di comprendere meglio cosa stiamo facendo.
Allora, cerchiamo insieme: in stile sinodale, oserei dire. Complicato? Mica tanto. Soprattutto, di fondamentale importanza per noi, per il nostro modo di vivere la fede, per il modo giusto e più adatto ai tempi di oggi di comunicarla. In altre parole: se è vero che “Chiesa e Sinodo sono sinonimi”, come dicevano i Padri della Chiesa, e come ha ricordato Papa Francesco più volte, una Chiesa che parla di sinodalità sta parlando di se stessa, sta cercando di capire come essere sempre più “Chiesa di Cristo”, comunità profetica inviata nel mondo ad annunciare il Vangelo. Il Sinodo dei Vescovi, e il cammino sinodale della Chiesa italiana, dovrebbero (il condizionale è d’obbligo!) aiutarci molto semplicemente a porci delle domande e a trovare insieme delle risposte. Sono le stesse domande che come Chiesa di Pozzuoli ci stiamo ponendo dal nostro VIII Sinodo diocesano, riproposte con più forza dalla pandemia: come parlare agli uomini di oggi? come dobbiamo essere per poter annunciare in modo efficace il vangelo? che immagine di Chiesa siamo chiamati a donare al mondo?
Sono le domande di sempre, è vero, però mi sembra che ci sia un elemento diverso, che nasce dalla consapevolezza del fatto che non ci troviamo dinanzi a un’epoca di cambiamenti, ma a un vero e proprio cambiamento di epoca. Questa consapevolezza cambia tutta la prospettiva. Non si tratta di adattare, aggiornare, restaurare, e nemmeno di rinnovare la nostra Chiesa, alla luce del mondo di oggi: ma di rifondarla, di darle una nuova forma, diversa da quelle finora conosciute!
Lo stesso Concilio ci ricorda che la Chiesa dev’essere sempre ri-formata. E questo non è, non può essere (e non lo è mai stato), questione di sforzi umani, o di aggiustamenti “ideologici”, ma di riconoscimento del suo vero punto di origine: la Trinità. Come si vede, qui non è questione di volare basso (due o tre anni di catechismo?), siamo invece chiamati ad alzare la testa e a guardare in alto, in cielo, perché è da lì che deve scaturire la risposta alle domande di cui sopra. Come dice la storiella dell’aquila che si crede un pollo, che altre volte ho richiamato, oggi è il tempo di volare in alto come aquile, non certo di beccare a terra come polli. Buttiamo allora giù i muri delle sacrestie e facciamo entrare aria nuova nelle nostre parrocchie, e non abbiamo paura di essere coraggiosi fino al limite dell’incoscienza nella nostra proposta di vita cristiana. Non scendiamo a patti, a compromessi con uno spirito mondano che vuole ridurre la Chiesa alla sua sola dimensione orizzontale, dimenticando quella verticale.
Ecco a cosa dovrà portare il lavoro dei prossimi mesi: a scoprire di nuovo (ri-scoprire), in questa nuova epoca che si sta aprendo, il volto rinnovato di una Chiesa senza macchia né ruga o alcunché di simile” (Ef 5,27). Trovo che tutto ciò sia un compito entusiasmante: metterci tutti insieme, come popolo di Dio, a disegnare i tratti della Chiesa del terzo millennio. È un impegno esaltante, in cui devono confluire voce profetica e impeto dei giovani, e insieme sapienza e memoria degli anziani; tenerezza e maternità delle donne, ma anche decisione ed energia degli uomini; profonda conoscenza della fatica della vita quotidiana dei laici, unitamente ad ascolto e capacità di condivisione di tanti ministri ordinati. E mi viene di ringraziare il Signore per essere parte di questo momento così bello della storia della salvezza.