E così, la tanto attesa Fase 3 è iniziata. Vivaddio, si può uscire senza mascherine, si può stare con amici e famiglia, si può andare in palestra e persino vedersi una bella partita, almeno in televisione (per chi può permettersi l’abbonamento alla pay per view). Sempre sperando che questa Fase 3 permanga in modo definitivo, tutto bene allora? Non proprio. E non solo perché le misure di sicurezza permangono (mascherina in luoghi chiusi, distanziamento sociale, e così via), e nemmeno perché come ci ha ricordato Papa Francesco in uno degli ultimi Angelus è presto per cantare vittoria dal momento che in Italia comunque si continua a morire di Covid-19 (di meno, ma si muore!) e che nel mondo vi sono zone dove il virus uccide ancor più della fase acuta in Italia (ad esempio in Brasile). Non va tutto bene soprattutto perché se per molti Fase 3 ha significato: «È finito tutto! Siamo liberi di fare quello che vogliamo…», la verità è che non è così. Lo aveva già detto monsignor Derio Olivero, il vescovo di Pinerolo sopravvissuto al Covid-19: «Questo periodo di pandemia e di crisi non è una semplice parentesi. Molti pensano: “Questa parentesi si è aperta ad inizio marzo, si chiuderà e torneremo alla società e alla Chiesa di prima”. No. È una bestemmia, un’ingenuità, una follia. Questo tempo parla, ci parla. Questo tempo urla. Ci suggerisce di cambiare. La società che ci sta alle spalle non era la “migliore delle società possibili”. Bene, questo è il tempo per sognare qualcosa di nuovo». Ci vuole coraggio, discernimento e ascolto dello Spirito, per fare questo sogno, e forse oggi non sapremmo nemmeno da dove iniziare.
In realtà, la lettera di monsignor Olivero dà un’indicazione di partenza: occorre partire dalle relazioni. Verrebbe da dire che è naturale che sia così. Il Vangelo è fatto di relazioni, ed è un fatto di relazione; la Chiesa è il luogo dove si dovrebbero vivere (il condizionale è d’obbligo, purtroppo) le relazioni nuove che scaturiscono dall’accoglienza dell’annuncio cristiano; noi stessi siamo fatti dalle nostre relazioni, siamo le nostre relazioni. Se tutto questo è vero, per noi credenti l’agenda delle cose da fare per immaginare e costruire un modello alternativo di società, una vera e propria “civiltà dell’amore”, è presto fatta. Partendo dalla relazione con noi stessi, dovremmo saper insegnare la preghiera interiore, profonda, che aiuta a rientrare in se stessi e a scoprire che Dio non è fuori di noi, ma è più intimo a noi di noi stessi (come ci insegna Agostino). Questo apre la nostra coscienza alla relazione con l’ambiente che ci circonda, e con gli altri. Se c’è una cosa che abbiamo toccato con mano in questa crisi, è proprio come l’influenza dell’uomo – e di un modello economico che prevede lo sfruttamento delle risorse fino al loro esaurimento per trasformarle in profitto – sia nefasta per la “casa comune”. Come sono bastati pochi giorni di riduzione delle attività economiche perché la natura sembrasse rinascere (che meraviglia i delfini che giocavano nel mare di Pozzuoli!), così poi è successo il contrario. La sfida è saper costruire un modello economico che sappia coniugare rispetto della natura e giustizia sociale, centralità del lavoro e dell’uomo (non del profitto) e attenzione ai grandi temi dell’ambiente. E non sembri strana questa connessione tra attenzione ai grandi temi ecologici e i temi sociali ed economici: come ci ha ricordato con un suo tweet Papa Francesco, «tutto è in relazione: la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri». E parlando di giustizia (non c’è pace senza giustizia, come già diceva san Giovanni Paolo II), come non porre attenzione nei prossimi mesi a tutto ciò che nega la dignità della persona umana fino al punto da “cancellarla” quasi dalla vista, rendendola “invisibile”? Gli scarti, i rifiuti umani che facciamo finta non ci siano, sono invece lì, e sono un appello che non possiamo più ignorare. Il Covid-19 è causa di alcune di queste realtà, di altre è solo ciò che le evidenzia: ma di certo, se vogliamo sognare, e costruire, un mondo nuovo, non possiamo non impegnarci su questi temi, con coraggio e spirito profetico.