La notizia è semplicemente questa. In una splendida domenica mattina di ottobre, oltre 4000 persone (ma c’è chi parla di 5/6000…) si sono stipate all’inverosimile all’Allianz Cloud Arena di Milano, per ascoltare il guru indiano Jaggi Vasudev, più noto come Sadhguru (ossia «guru non istruito, ignorante»). In questo momento, e vi confesso che l’ignorante qui ero io, è il guru, cioè il maestro di spiritualità, più famoso in Occidente. E per assistere alla sua meditazione non si è badato a spese, nel senso letterale: c’è stato infatti chi, per stare nelle prime file, ha pagato anche quasi mille euro. Nei giorni successivi, ci hanno informato i giornali e le tv che si sono precipitati a intervistarlo, da lui si sono recati una miriade di persone famose: artisti, sportivi, manager, imprenditori di successo. Tra essi, ad esempio, Alessandra Amoroso, Ghali, Irama, Rkomi, e altri di cui ignoravo beatamente il nome, che hanno posto a Sadhguru domande semplici semplici come: «Qual è il senso della vita?» (e la risposta, per chi volesse saperlo, è stata nello stile classico di questi maestri, e cioè che non esiste significato, senso, si vive e basta). A ripensarci, nulla di nuovo sotto il sole, direbbe Qohelet. Chi non ricorda, negli anni ’60, i Beatles che si recarono in India, con altri famosi artisti dell’epoca come Donovan, ad ascoltare Maharishi Mahesh Yogi? O il successo mediatico negli anni ’70-’80 di Osho Rajneesh, e quello nei decenni successivi di Sai Baba (da cui si recò anche Craxi, il cui fratello era diventato discepolo di questo guru)?
La notizia potrebbe essere lasciata cadere lì, come una delle tante stranezze di questi tempi. Sennonché, a rifletterci, si scopre qualcosa di molto serio, anche per noi Chiesa, perché viene a dirci qualcosa di importante. Come ha notato Massimo Gramellini, giornalista del Corriere e scrittore, «quella folla variegatissima, e non liquidabile con una smorfia, è il sintomo di un bisogno generato da un malessere non solo economico, ma esistenziale… E dovremmo stupirci se persino nella frenetica, pragmatica Milano il desiderio di rassicurazione e pace interiore riempie i palazzetti? Bisognerebbe ricordarsi che la favola più famosa del Novecento, Il Piccolo Principe, lo è diventata per una frase: l’essenziale è invisibile agli occhi». Tutto questo viene a confermare la mia forte convinzione che c’è un bisogno di spiritualità molto forte anche oggi, di qualcuno che dica parole chiare e semplici sul senso della vita, su chi siamo e dove andiamo, su come poter entrare in contatto con Dio: non fornendo alle persone risposte dogmatiche o prefabbricate, ma aiutandole a trovare le risposte in se stessi. Non era questo che faceva Gesù, secondo il Vangelo? Non è questo che dovremmo fare noi, come Chiesa, oggi? Il problema è che non sappiamo intercettare questo bisogno, e non riusciamo a trasmettere i tesori della nostra tradizione spirituale e mistica, che è assolutamente ignorata dal cristiano medio, dal fedele delle nostre Messe domenicali, anche perché come si può conoscere ciò di cui nessuno parla?
Don Tonino Bello raccontava che un giorno dette un passaggio a due autostoppisti, che senza accorgersi che lui fosse un prete, iniziarono a parlare tra loro di meditazione, preghiera interiore, scoperta dell’Io profondo (il Sé autentico), il tutto in chiave buddista. E la riflessione che ne scaturiva era che ci sono tanti tesori nella tradizione spirituale e mistica cristiana, che sono assolutamente sconosciuti, che sono il tesoro sotterrato di cui nessuno sa nulla. Chi conosce, tra i nostri fedeli della domenica, i Padri del deserto, o le ricchezze della Filocalia? Chi conosce Evagrio Pontico, Giovanni Cassiano, Isacco di Ninive e i terapeuti del deserto (sì, la terapia delle origini, altro che Freud…)? Chi si è formato alla scuola di Meister Eckart, ha letto La Nube della Non Conoscenza (peraltro, uscita in questo periodo in una nuova, ottima traduzione), gli scritti di Angela da Foligno, Caterina da Siena, o degli stessi Teresa d’Avila o Giovanni della Croce? Chissà che eventi come quelli di Milano non siano anch’essi un segno dei tempi! Forse è arrivato il momento che si dia vita a un vero e proprio rinnovamento spirituale nella Chiesa, un ritorno alle fonti della spiritualità cristiana. Come diceva Karl Rahner: «Nel nuovo millennio il cristiano sarà un mistico o non sarà». Segni di risveglio ce ne sono, ma ci vuole più coraggio nell’introdurre simili temi nella nostra pastorale ordinaria.