Che mondo stiamo preparando ai nostri figli? Domanda cruciale, che mette sotto accusa la violazione, se non l’annullamento, di quel “patto tra generazioni” che finora è stato considerato intoccabile, ma che negli ultimi decenni è sempre più considerato una mera reliquia del passato. Eppure, preoccuparci del futuro non vuol dire ignorare il presente; è vero, anzi, il contrario: solo se nel nostro presente seminiamo semi buoni, in futuro potremo avere un buon raccolto. Preoccuparci dunque di quale mondo stiamo costruendo per consegnarlo ai nostri ragazzi, sarebbe anche un nostro interesse. E invece, viviamo come se tutto dovesse esaurirsi oggi! Avete presente? Siamo sempre più come le cicale che consumano tutto e subito, invece di avere a bada il domani… o come un alcoolizzato che ha scelto di stordirsi e non pensare a domani. A me il mondo sembra sempre più lanciato verso il disastro, e il bello è che, come sul Titanic, si balla e ci si diverte, incuranti dei tanti segnali del grave pericolo che stiamo correndo. Come quello lanciato qualche settimana fa dal 25° Convegno degli Psichiatri Europei, che hanno snocciolato senza pietà alcuni dati che fanno accapponare la pelle.
Li riprendo pari pari da un loro comunicato: 80.000 bambini e adolescenti in Italia sono vittime in famiglia di maltrattamenti (violenza fisica, abusi sessuali ed emotivi, abbandono e trascuratezza); il 22% (fino a più del 23% in contesti disagiati) di adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 13 anni sono vittime di atti di bullismo perpetrati ripetutamente e volontariamente da compagni di scuola; dal 50% all’80% di questi bambini e adolescenti sviluppano poi, successivamente, disturbi mentali (tendenza al suicidio, depressione, disturbi da stress post-traumatico, deficit della crescita, disturbi d’ansia), con un rischio triplicato rispetto alle persone che non subiscono maltrattamenti da bambini e da ragazzini. Mi fermo qui. Qualcuno mi dica che non ci si deve preoccupare! E allora ripeto la domanda: che futuro stiamo costruendo? E ne aggiungo subito un’altra: cosa fare oggi, perché il futuro possa essere diverso e migliore di quello delineato dagli Psichiatri Europei? Credo che, in primo luogo, occorre prendere coscienza del problema, e quando ci si trova dinanzi a situazioni in cui vi è un più che legittimo sospetto di maltrattamenti è doveroso cercare di avviare percorsi di aiuto, anche terapeutico se necessario. Percorsi di aiuto vuol dire operare una sorta di accompagnamento non solo dei minori interessati, ma anche della famiglia. In contesti disagiati può essere difficile, è vero, ma tentare di essere “operatori di pace” in questo ambito così particolare è un vero e proprio impegno morale di tutti. In Diocesi abbiamo peraltro la grande possibilità, frutto di un’attenzione particolare a queste situazioni di disagio da parte della nostra Chiesa, di avere una struttura come il Centro Educativo Diocesano con il suo progetto “Integra”, che in 11 anni ha seguito oltre 600 bambini difficili, coinvolgendo anche le loro famiglie in percorsi di sostegno alla genitorialità. C’è perciò la possibilità di non girare la testa dall’altra parte, e di attivarsi anche con l’aiuto di chi da anni affronta simili problematiche. E poi bisogna che vi siano luoghi dove sia possibile risanare le ferite profonde, una locanda del buon Samaritano dove aiutare la persona che porta nascoste in sé le tracce delle violenze subite a ritrovarsi e a guarire. Ecco cosa dovrebbero essere le nostre comunità (e non, come purtroppo spesso accade, luoghi che amplificano i traumi subiti in passato)!
Pino Natale