In attesa di poter leggere e approfondire l’Esortazione Apostolica post sinodale che Papa Francesco ha consegnato ai giovani di tutto il mondo lo scorso 25 marzo da Loreto; scelgo di muovermi sulle tracce del Vangelo indicato nel documento finale del Sinodo dei giovani, per gettare luce sul cammino di quaresima che stiamo compiendo e giungere così alla nostra Pasqua, illuminati dalla luce della sua resurrezione. Il brano è quello noto dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35) “Ed ecco, in quello stesso giorno…” delusi, decisamente tristi… sicuramente con il morale a pezzi.
Capita di avere le ruote a terra e di stare con il tuo migliore amico a raccontarti le sventure che ti capitano, magari tutti e due a bere qualcosa condividendo sofferenze e delusioni di un senso delle cose che proprio non si riesce a trovare. “Ed ecco in quello stesso giorno erano in cammino”… e vedo qui il tempo quaresimale che stiamo percorrendo. Un tempo di propositi, di voglia di cambiamento, ma non privo di ostacoli (le tentazioni del deserto di Giuda stanno a ricordarcelo). Un tempo in cui abbiamo bisogno di ri-centrarci… ri-orientarci. Ed anche se non sempre siamo in grado di indovinare la direzione… tranquilli: viene Lui e si affianca a noi! È successo anche a Cleopa e al suo amico. Erano in cammino e si allontanavano da Gerusalemme. Scendevano e si allontanavano dal cammino di Gesù. Avevano smesso di camminare verso la felicità. Avevano preferito tornare sui loro passi. Sono l’immagine dei nostri percorsi di fuga dalla vita vera, dai problemi veri, dalle situazioni faticose. Avevano abbandonato il cenacolo: troppa tristezza lì dentro. Quante fughe anche noi. Fugge chi non sa aspettare, chi non attende più niente dalla vita. Quante scuse per non fermarci e guardarci dentro. Voi giovani, siete gente sempre in cammino… divorate chilometri e amate vedere cose diverse e sempre nuove. Nessuno vi ferma, insomma.
È bello camminare, è bello vedere nuovi luoghi, nuovi panorami, darsi nuove prospettive, non stagnarsi nelle cose di sempre, sicure, senza rischio, ma tirando calci ai sassi come questi due, indispettiti di non riuscirci a capire più niente, con alcuni sogni che si sono infranti e spenti. È bello camminare, ma avendo la certezza che la direzione è quella giusta, che non è una fuga ma una salita faticosa verso ideali grandi. “Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo”. Stanno fuggendo, si stanno allontanando dalla via che lui aveva loro indicato “Maestro dove dimori? Gesù rispose loro: venite e vedrete” (Gv 1, 38-39)… stanno facendo di testa loro… hanno forse deciso di chiudere l’avventura con la vicenda Gesù. Ma lui non molla. Si: Gesù non ci lascia mai… non se la squaglia. Siamo noi a non riuscire talvolta a vederlo, perché i nostri occhi sono affollati da tanti idoli, da tanti orizzonti chiusi. C’è una modalità costante nelle apparizioni del Risorto. Non sono in grado di vederlo. Lui c’è ma non lo riconoscono! È lui che si dà a vedere, non siamo noi che lo troviamo. Spezza il pane… e lo riconoscono. E noi ci stiamo tutti in questa storia… in questo gesto che ha il sapore della liturgia domenicale. Questo ci fa capire ancora di più quanto la liturgia sia lo spazio in cui lui si offre… si fa riconoscere. Lì è lui che si dà e dipende da te… dalla sete che hai dell’Assente di riuscire ad aprire gli occhi e finalmente “riconoscerlo”.
Nella vita dei due amici, lungo la strada si sta aprendo uno spiraglio… uno squarcio che lentamente sta illuminando il loro cuore ancora troppo al buio. Gesù li provoca… guarda dentro il loro cuore troppo pieno di domande senza risposta… di tanti definitivi “ormai”, di verbi coniugati all’imperfetto. Tutto e irreparabile. Questa è una cattiva abitudine con cui interpretiamo e diamo risposte agli eventi “no” delle nostre vite, delle nostre esperienze affettive: ci amavamo, ma ormai…; abbiamo fatto l’impossibile, ma ormai…; ho cercato il lavoro in maniera onesta, ma ormai; credevo di offrire al mio amore un cuore puro, ma ormai l’ho già venduto a pezzetti a tutti quelli che mi hanno preteso. “Sciocchi e tardi di cuore”: siete proprio senza testa e vi tenete dentro macigni cosi grossi? E la Parola dissipa, orienta, dà luce… lungo il cammino.
Ecco l’ingrediente principale di questo tempo quaresimale: La Parola! E quando la Parola ti penetra nel cuore, allora ti nasce una grande pace. E allora “resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Si è consumata una giornata… o forse una vita. Come ricominciare da capo? È sera quando non sappiamo più chi siamo, cosa vogliamo, per chi viviamo; quando ci adattiamo alle situazioni, quando ricasco nel vizio. È sera quando non riesco a dare senso a nessuna mia preghiera; quando l’amore mi pare un’abitudine e l’amicizia un egoismo camuffato; quando sperimento noia e non c’è niente che mi piace fare. Ciascuno di noi ha il suo buio e oggi può dire a Gesù: “Resta qui. Non mi lasciare solo, stai con me, stringimi forte perché scivolo via come l’acqua”. “Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola prese il pane… e lo diede loro”. Gesù accetta l’invito, si ferma, non fugge, resta, si siede a tavola e condivide. Compie quel gesto di spezzare il pane che loro ricordavano bene… e si aprirono i loro occhi! Si è illuminato il buio della loro vita. Son andati a messa ed hanno smesso di sentirsi soli, di parlare all’imperfetto, di tirare calci ai sassi lungo la via, di dire “ormai”. “Non ci ardeva forse il cuore nel petto?”. C’è ora un cuore ardente in ciascuno di loro. Era ardente anche il roveto del deserto nell’indicare la presenza di Dio. Oggi sono questi cuori ardenti che indicano agli amici la presenza di Dio e corrono a portare fuoco.
Ricordo ancora le parole di Giovanni Paolo II a Tor Vergata: “Sono certo che anche voi, cari amici, sarete all’altezza di quanti vi hanno preceduto. Voi porterete l’annuncio di Cristo nel nuovo millennio. Tornando a casa, non disperdetevi. Confermate ed approfondite la vostra adesione alla comunità cristiana a cui appartenete. Da Roma, dalla Città di Pietro e di Paolo, il Papa vi accompagna con affetto e, parafrasando un’espressione di Santa Caterina da Siena, vi dice: «Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!»” (cfr. Lett. 368). E così, i due “partirono senza indugio” e ritornano lì… da dove si erano allontanati. E trovano gli altri… e Maria con loro. Se li è visti ritornare finalmente, era li ad aspettarli la madre… come ogni mamma in attesa. Vanno, vengono questi figli. Hanno i loro dubbi, si prendono le loro libertà, fanno le loro fughe e loro, le mamme, aspettano che cigoli la porta di casa la mattina della domenica, tirando un sospiro di sollievo: è tornato. Cigola la porta del Cenacolo… entrano i due amici e cantano con lei il Magnificat.
È l’augurio per questa Pasqua, cari giovani. Poter cantare con Lei il Magnificat… perché Gesù è risorto e si è affiancato a noi, ha fatto grandi cose, ha innalzato gli umili, ha disperso i superbi, ha dato voce a chi non ha voce, ha visitato le nostre giornate, ha risposto alle nostre attese. Buona Pasqua.
Mario Russo