PAROLE IN LIBERTA’: La post-verità e il soldato di Stalin. Riflessioni sul flusso delle notizie





Richard Wurmbrand è un nome oggi sconosciuto ai più, eppure c’è stato un tempo (anni ’70-80) in cui i suoi opuscoli andavano a ruba. Pastore della chiesa luterana, è stato uno dei principali testimoni della resistenza cristiana all’ateismo sovietico, imposto con metodi brutali. Per 14 anni è stato in carcere in Romania, il suo paese natale, a causa della sua fede cristiana: non a caso, il suo libro di maggior successo, che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo, si chiama “Torturato per Cristo”. In esso, racconta la sua esperienza di ministro della chiesa riformata, poi di cristiano costretto alla clandestinità, infine di martire della fede. Mi ha sempre colpito un episodio, da lui raccontato in questo libro, che lessi i primi tempi del mio cammino di fede. Risale agli anni della clandestinità. Con sua moglie, ospitò a casa sua un soldato sovietico, e dopo una reciproca apertura di animo, Wurmbrand iniziò ad annunciargli la Buona Notizia. La reazione del soldato fu stupefacente. Quando sentiva parlare dei miracoli o del messaggio di amore di questo maestro ebreo, di cui lui non sapeva assolutamente nulla, educato com’era stato sin da piccolo nell’ideologia stalinista, aveva la stessa reazione di cui parlano i Vangeli: “Ma chi è quest’uomo? Come mai può fare questi segni?”. Wurmbrand però temette una reazione sconsiderata, quando gli raccontò della passione e della morte di Gesù: il soldato piangeva, disperato, e gridava un “perché l’hanno ucciso?” che faceva male al cuore. Ma quando gli fu raccontata la risurrezione, la reazione fu ancora più stupefacente…

Il soldato si mise a ballare per tutta la casa, in un irrefrenabile moto di gioia e ringraziava Dio che non aveva lasciato nella tomba un uomo così buono!…

La difficoltà a bloccare il flusso delle “bufale”, di cui dicevamo in un articolo precedente, nasce dal fatto che, ci dicono gli esperti del settore, siamo in un’epoca in cui trionfa la “post-verità” (post-truth). Come dice Wikipedia, che è diventata paradossalmente la moderna Summa del pensiero nell’epoca del web, «nella post verità la notizia viene percepita e accettata come vera dal pubblico sulla base di emozioni e sensazioni, senza alcuna analisi effettiva sulla veridicità o meno dei fatti reali. In una discussione caratterizzata da “post-verità”, i fatti oggettivi, chiaramente accertati, sono meno influenti nel formare l’opinione pubblica rispetto ad appelli a emozioni e convinzioni personali». Non importa più stabilire, insomma, se una notizia è vera o falsa, ma solo gli effetti che la diffusione della notizia può provocare, e dunque quanto è in grado di formare l’opinione pubblica. Che questo possa significare anche manipolazione della verità, è evidente: se le persone si informano (cioè iniziano a dare forma alle loro idee e convinzioni) dai media in cui la post-verità dilaga, conta solo la forza emotiva, che può far sì che anche se qualcosa è falsa alla fine diventa la verità perché è quello che ci piace dire e udire. Anche in questa chiave sono da leggere il fallimento dei sondaggi di opinione, si pensi a quello che vedeva Trump nettamente battuto dalla Clinton: ma Trump ha saputo parlare “alla pancia” degli americani, e ora è il Presidente degli USA! Bene, ma questo che c’entra con il soldato russo di cui parla Wurmbrand? C’entra, c’entra… perché la fede cristiana si basa su una notizia, una Buona Notizia, che si afferma essere vera: Gesù è morto e risorto. Ora, c’è il grave pericolo che noi rispondiamo alla domanda: È vero o non è vero?, mentre dovremmo rispondere alla domanda: Che impatto emotivo ha questa Notizia, oggi? Complici duemila anni di cristianesimo, e di una Chiesa in difficoltà con la modernità (figuriamoci con la post-modernità!), questa Notizia oggi ha uno scarso impatto emotivo, mentre il soldato russo ci fa capire che potrebbe non essere così. Se non impariamo di nuovo a parlare alla vita, al cuore (e perché no?, anche “alla pancia”) delle persone, rischiamo di condannarci all’incomunicabilità . Dobbiamo elaborare nuovi modelli e stili di comunicazione, cosa che Papa Francesco ha capito benissimo, e che fa in modo egregio. Lo stile di annuncio della Chiesa dev’essere dunque più diretto e immediato, deve saper parlare anche in modo emotivo alle persone (in fondo, il segreto del successo delle sette pentecostali è tutto qui!).

Pino Natale





Exit mobile version