Come sempre, parto da uno-due ricordi personali: so scrivere e parlare solo di ciò che conosco, e conosco solo quello che ho vissuto. Che, grazie a Dio, non è cosa da poco. La scena, allora, è questa: esame di maturità, uno studente (io) viene interrogato sul Congresso di Vienna (1814-1815), quello – per intenderci – che ridisegnò l’Europa dopo Napoleone. Ebbene, io sostenevo una tesi che il professore “esterno” contrastava: fui costretto a cercare di motivare nel modo più preciso possibile le mie affermazioni, cercando di andare oltre la semplice nozione, approfondendo il perché di quell’evento e le dinamiche che lo mossero. Alla fine, con un sorriso beffardo, il professore mi disse: «Ma insomma, Lei è per la Realpolitik, per Lei Metternich è Kissinger!». Così, capii che in realtà avevamo, sì, parlato di un evento di 160 anni prima, ma dietro vi era qualcosa di ben più vicino a noi, gli Accordi di pace di Parigi del 1973 (solo 3 anni prima) che misero formalmente fine alla guerra in Vietnam. Cosa voglio dire? Che si può usare il passato, la storia, per interpretare il presente, per capirne le dinamiche nascoste, e forse anche per capire in cosa determinati eventi possono sfociare in futuro.
Sarà per questo che da quest’anno agli esami di maturità è stato eliminato il tema di argomento storico, cioè quello che “chiede al candidato di restituire un’analisi approfondita delle cause e degli effetti di un fenomeno, partendo dalla lettura di fonti originali, contestualizzandole e leggendole criticamente” (cito dalla rivista Wired)?
Per evitare di farci comprendere il presente? Spero proprio di no, sarebbe davvero grave. Però, il fatto che da quest’anno non sarà più proposto un simile tema, favorisce la fuga dall’approfondimento di fatti e personaggi storici. Eppure, se molte delle situazioni problematiche di oggi fossero lette alla luce della storia, forse riceverebbero nuova luce. Un esempio? C’è chi si è posto la domanda: ma com’è stato governato nel passato il fenomeno dell’immigrazione, ad esempio in epoca romana? Perché l’immigrazione di massa, la fuga da situazioni di guerra o di fame, non è certo una novità esclusiva di oggi… Così, uno studioso come Alessandro Barbero ha scoperto che finché Roma – un po’ come gli Stati Uniti – ebbe una politica di integrazione, i flussi migratori rafforzarono l’Impero, ma poi, con la corruzione e l’inefficienza, arrivò la rovina. Bella lezione anche per l’oggi, mi sembra. La non conoscenza delle dinamiche dei fatti storici non aiuta perciò a crescere nella consapevolezza di ciò che accade intorno a noi, impedisce sia la critica delle storture e delle ingiustizie del presente che la ricerca degli strumenti più efficaci per costruire una società migliore, più giusta, più “umana”.
La prima frase latina che imparai alle scuole medie fu: historia magistra vitae, la storia è maestra di vita. Ma se l’historia non è conosciuta, chi insegna alla vita? In questo vuoto, quali falsi maestri possono insediarsi? Comprendo anche come per qualcuno possa sembrare eccessivo tutta questa enfasi su un fatto così marginale come un tema cancellato da un esame, peraltro un tema scelto da pochi (lo confesso, nemmeno da me…). Può essere che sia eccessivo, ma quel che mi preoccupa non è tanto la cancellazione del tema in sé, quanto quello che può significare. Soprattutto se a questo uniamo il fatto che ai nostri giovani non viene insegnato nulla degli ultimi 70 anni, si è già fortunati se si arriva a studiare la II Guerra Mondiale. Sicché può capitare che se si cita Moro, le Brigate Rosse, i NAP e Prima Linea, qualche giovane ti guarda (com’è capitato a me) come se si stesse parlando di fatti accaduti su Marte… non dico poi se si cita Ho Chi Minh, o la Thatcher, o Ceausescu…
In un film come “Sono tornato!”- che inviterei tutti a vedere, perché pieno di profondi significati nascosti sotto una patina di commedia umoristica -, tutti accolgono un redivivo Benito Mussolini come un personaggio mediatico che fa audience, dimentichi ormai del tutto di ciò che ha realmente rappresentato. Tutti, tranne una sopravvissuta al rastrellamento di Roma, ormai in preda all’Alzheimer, che in un momento di lucidità lo riconosce e lo inchioda alle sue responsabilità. È forse un caso che ad alzare per prima la voce contro la decisione di eliminare il tema storico sia stata la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz? Non lo penso. La storia, la memoria, il ricordo, sono la radice stessa della cultura ebraico-cristiana. Per questo anche solo eliminare un’occasione di riflessione sul passato non è stato mai un buon segnale: ce lo insegna, appunto, la storia stessa.
Pino Natale