Il fenomeno della bassa marea straordinaria – che ha interessato a febbraio il litorale flegreo, destando stupore ma anche preoccupazione nella popolazione che ha immediatamente collegato l’evento a un inasprimento del bradisismo – ha regalato al territorio il ritorno di alcune sorgenti di acqua termale da sempre segnalate nell’area di Bagnoli, ma delle quali se ne erano perse le tracce.
Il livello minimo di marea, accompagnato dal fenomeno del bradisismo, è stato causato da una condizione di alta pressione e ha portato il mare a livelli così bassi da far emergere una nuova, anzi antica, linea di costa e, appunto, le antiche sorgenti termali sulla spiaggia di Bagnoli.
Nello specifico, i punti interessati dai rinvenimenti sono l’arenile di Coroglio e quello antistante il lido comunale di Bagnoli.
Entrambe le fonti sgorgano dal mare: quella di Coroglio, come raccontano i testi antichi dedicati ai bagni flegrei, è la terma denominata Balneolo, da cui nasce il nome della località. Essa è stata individuata in una pozza di acqua marina creatasi sulla spiaggia. A farla notare ai frequentatori dell’arenile, la presenza di pietre rossicce, come ricoperte da minerali ferrosi, e la presenza di bollicine che fuoriescono dal fondale.
«Ai piedi del monte, sulla spiaggia tra il promontorio di Posillipo e Pozzuoli», scriveva lo Schivardi nel 1899, rifacendosi agli scritti di Pietro da Eboli («inter aquas pelagi prope littus sub pede rupis»), sgorgava una piccola fonte ritenuta quasi miracolosa per le sue virtù. Collocato com’era sulla spiaggia, il «Balneum» era chiamato «Plage» o «Balneolum» come diminutivo; il medico Sebastiano Bartolo, che censì le fonti termali su incarico del viceré don Pedro Antonio d’Aragona nel 1667, nel suo “Breve ragguaglio de’ Bagni di Pozzuolo dispersi” individuò il «bagno del Bagnolo»: da qui il nome dell’odierno quartiere di Bagnoli.
Le acque del «Balneum Balneolo» erano alcaline, saline, ricche di ferro: «ristorano il capo, lo stomaco, i reni e gli altri membri: sgombra dagli occhi la nebbia, rinvigorisce i consunti e i deboli, distrugge la causa della febbre quartana, continua e quotidiana; libera dai dolori cagionati da qualsiasi morbo e febbre», come spiegava la prima lapide (“epitaffio”) dello stesso Bartolo dedicata alle caratteristiche dei bagni termali flegrei e precisamente quella posta all’ingresso della Crypta Neapolitana (le altre due che completavano il censimento furono collocate dal viceré a Punta Epitaffio e alla porta di Pozzuoli).
La seconda, molto probabilmente, è la terma chiamata Juncara che traeva il nome dalla presenza in loco di giunchi. Ancora oggi, anche se in numero ridotto, sull’arenile è possibile ammirare la presenza di questo tipo di vegetazione e proprio lì, lungo un istmo di sabbia, il mare ribolle rilasciando acqua sorgiva. Adinolfi nel 1972 scriveva che Juncara ormai era scomparsa. Nel 1730 Domenico Antonio Parrino, e ancor prima nel 1691 Pompeo Sarnelli, sostenevano: “Quintum Balneum est Juncara, quod invenies, dum regia via, qua itur Puteolis ad maris litus…” (Il quinto bagno è Juncara, che troverai sulla strada regia che da Puteolis porta alla riva del mare…).
Dai tempi dei romani fino a oltre il medioevo gli edifici termali erano frequentati sia per le immersioni che per le saune. Il suolo flegreo, essendo di origine vulcanica, donava alle acque caratteristiche e principi ritenuti curativi. Ancora oggi le fonti delle Stufe di Nerone e quella delle Terme di Agnano, offrono agli avventori la possibilità di godere dei benefici delle acque calde e sulfuree, nonché del calore naturale nelle saune.