Sul lungomare di Pozzuoli i giovani della Campania con i vescovi Pascarella e Lemmo. Come dare un senso al pellegrinaggio





Il 10 agosto, sul lungomare di Pozzuoli si è concluso il pellegrinaggio dei giovani della Campania. Partiti dalle diocesi di Acerra, Aversa, Capua, Caserta, Ischia, Napoli e Nola, dopo aver percorso un lungo tragitto tra diverse zone periferiche, con non poche difficoltà ma tanto spirito di squadra, sono giunti alla meta finale. È sembrato quasi di ripercorrere uno dei passi degli Atti degli Apostoli, che ricorda l’approdo di San Paolo a Pozzuoli, dopo un lungo tragitto, accolto da una comunità di cristiani. I nostri giovani hanno trovato una calorosa accoglienza da parte delle parrocchie flegree che hanno messo a disposizione il loro tempo per preparare al meglio questo evento, che è stato presieduto dal vescovo di Pozzuoli, monsignor Gennaro Pascarella, insieme al delegato per la pastorale giovanile della Conferenza Episcopale Campania, monsignor Lucio Lemmo, vescovo ausiliare di Napoli. Sono intervenuti anche l’incaricato regionale per la pastorale giovanile, don Francesco Riccio, e don Mario Russo, direttore della pastorale giovanile della diocesi di Pozzuoli, che ha curato con grande precisione tutta l’organizzazione.

È stata una grande festa dove la gioia, la fraternità hanno preso il sopravvento sulla stanchezza. La serata, condotta da Angela Raccioppoli, si è svolta all’insegna del divertimento, della preghiera, ma soprattutto delle testimonianze. In particolare significative quelle di un ex detenuto nel carcere minorile di Nisida – che ha raccontato come è totalmente cambiata la sua vita – e di un giovane immigrato che, rischiando la vita, è riuscito a giungere sulle nostre coste per iniziare una nuova vita, senza però dimenticarsi della sua traversata, a dir poco straziante. Su quest’ultimo aspetto si è soffermato don Riccio, affermando che la fatica che i giovani hanno fatto a camminare non è nulla rispetto a quella che affrontano i profughi nei loro viaggi. È questo il senso del pellegrinaggio: immedesimarsi in una vita non facile, piena di difficoltà e dolori, ma dove si trova sempre la felicità, quella felicità che ci viene donata dalla fede, dall’amore di Dio. «La dimensione del viaggiare – ha concluso don Francesco – ci porta ad incontrare le persone, a guardarci intorno, a riflettere. È un’esperienza che ha cambiato ognuno di noi, ha espanso il nostro pensiero e le nostre idee, ha portato nuove amicizie e rinforzato quelle già presenti».

A seguire, il momento di adorazione del Santissimo, presieduto da monsignor Lemmo. Ha concluso la serata il sindaco di Pozzuoli, Vincenzo Figliolia, che ha portato il saluto della città, ricordando che anche lui, da giovane, aveva preso parte a eventi del genere, manifestazioni che sicuramente influiscono positivamente sulla vita di ogni ragazzo e ragazza. Il sindaco ha sottolineato che i giovani hanno bisogno proprio di queste esperienze, di una vita all’impronta dell’educazione, del rispetto per la vita, nel rendersi attivi per migliorare le condizioni di vita dei nostri quartieri, spesso disagiati, nel ritrovare quei valori che oggi si dimenticano facilmente.

Significativo l’invito che Papa Francesco ha lasciato alla GMG di Rio de Janeiro: «Non lasciate che altri siano protagonisti del cambiamento! Voi siete quelli che hanno il futuro! Voi… Attraverso di voi entra il futuro nel mondo. A voi chiedo anche di essere protagonisti di questo cambiamento. Continuate a superare l’apatia, offrendo una risposta cristiana alle inquietudini sociali e politiche, che si stanno presentando in varie parti del mondo. Vi chiedo di essere costruttori del mondo, di mettervi al lavoro per un mondo migliore. Cari giovani, per favore, non guardate dal balcone la vita».

Gianluca D’Angelo

 

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Camminare insieme? Non è mica come fare trekking: si mette in moto l’anima…

«Percorrete con gioia e con coraggio questo cammino, senza paura e senza ansia, e con il cuore pieno di amore!»… È così che Papa Francesco ci incoraggia a metterci in cammino. Camminare significa mettere in moto l’anima, oltre che il corpo. Il pellegrinaggio è una costante delle religioni più antiche: non è come fare trekking o un’escursione o un viaggio. La differenza è la preghiera. Il “tutto subito” qui non funziona. Non ha senso arrivare prima degli altri. È aspettare con pazienza l’altro, adeguare il proprio “passo” al “passo” dell’altro. A Roma, l’11 agosto scorso, il Papa ha ribadito che per andare veloci bisogna camminare da soli, ma se si vuole andare lontano dobbiamo camminare insieme. Camminare insieme ti permette di sperimentare la condivisione a 360 gradi. Un unico “filo umano”, ognuno traina l’altro. Tanti sono stati gli infortuni dovuti ai chilometri percorsi (oltre 100), al caldo torrido e soprattutto agli zaini pesanti: ma nessuno ha mollato. Fare un pellegrinaggio implica tante difficoltà: tra queste c’è la preparazione dello zaino da portare in spalla lungo tutto il tragitto. Bisogna portare solo l’essenziale. E nella società in cui viviamo oggi, dove il comfort è diventato essenziale, non è stato facile. Lungo le varie tappe tutti i 230 pellegrini hanno sperimentato un senso di accoglienza da parte delle diocesi ospitanti, sempre con qualcosa di fresco da bere e qualcosa di buono da mangiare, dalle famiglie, dai sorrisi dei passanti e dai loro volti sorpresi nel vedere questa fila chilometrica di giovani che con i loro zaini pesanti cantavano e camminavano verso un’unica meta. Durante il tragitto c’era chi pregava il rosario, chi rinsaldava i legami, chi ne stringeva di nuovi, chi si raccontava, chi ascoltava. Ma c’era anche chi riconosceva i propri limiti e doveva fermarsi a causa di problemi fisici, per poi riprendere. È stata un’esperienza forte, dopo la quale torni a casa sicuramente stanco ma felice, una felicità che nessuno può rubare. Camminare insegna un po’ a vivere. Camminare è stato avere il coraggio di sperimentare la propria forza, fede e limiti insieme a quelli di altri 90.000 giovani italiani.

Agata Paesano

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