Quello della povertà è un fenomeno complesso ed articolato, che dipende da numerosi fattori. Non è
legato alla sola mancanza di reddito ma è anche strettamente connesso con l’accesso alle opportunità e
quindi con la possibilità di partecipare, pienamente, alla vita economica, sociale e produttiva del Paese. Le
politiche economiche nazionali per l’inclusione sociale, pertanto, si caratterizzano per una gamma di
iniziative e compiti differenziati, sia per ambito di intervento sia per tipologia di strumenti.
A partire dal 6 maggio 2019, il REI è stato gradualmente assorbito dal Reddito di Cittadinanza, che
obbligherebbe i percettori a seguire un percorso personalizzato di inserimento lavorativo e di inclusione
sociale. La soglia ISEE era inferiore ai 9.360 euro annui. Secondo il legislatore doveva essere la “panacea”
che avrebbe sconfitto la povertà in Italia, ma così non è stato! Una indagine di Caritas Italiana ha
dimostrato che gli aventi diritto sarebbero stimati intorno al 43% dei beneficiari, mentre per il 57% dei casi
il RdC viene percepito abusivamente (come hanno dimostrato molte indagini delle forze dell’ordine e varie
cronache). In valori assoluti, in Campania i nuclei percettori — nel 2022 — di almeno una mensilità di RdC
sono stati 353.795. Il dato più alto in Italia, come lo sono quello delle “persone coinvolte” (877.115) e
quello relativo all’importo medio mensile erogato (617,16 euro). Altamente concentrata è la distribuzione
del RdC per area geografica: nel 2022 il 63% dei nuclei percettori è residente nel Mezzogiorno d’Italia (60%
nel 2021), il 21% a Nord e il 16% nel Centro.
In questo convulso panorama di provvedimenti, la prossima estate dovrebbe segnare la fine del RdC in
favore dell’introduzione del MIA (Misura di Inclusione Attiva). Una delle critiche che ha ricevuto il RdC, per
come è conosciuto oggi, è proprio quella di non consentire facilmente l’inserimento lavorativo dei
percettori. I dubbi intorno al futuro di questo sostegno quindi si sono moltiplicati, e il nuovo Governo ha
dichiarato più volte la propria volontà di cancellarlo o modificarlo radicalmente. Il passaggio non sarà
indolore, quantomeno per circa 260 mila nuclei familiari, pari al 25%, che verrà escluso dalla nuova forma di
sussidio che cancellerebbe la misura “bandiera” del Movimento 5 Stelle. E per coloro che si vedranno
l’assegno decurtato. Ovviamente, è bene precisare che – al momento – si discute delle prime indiscrezioni
che emergono da una bozza messa a punto dal Ministero del Lavoro, che avverte che «ancora necessita di
un approfondito confronto tecnico con Ministeri, EE.LL. ed Inps» e descrivono, in sostanza, uno strumento
molto simile ma molto ridotto nell’importo. Si tratta di un sostegno al reddito che verrà erogato, in importi
diversi, sia a chi può lavorare – ma è disoccupato – sia a chi non è occupabile. In sostanza, gli occupabili,
che beneficiano dell’attuale RdC al massimo per 7 mesi nel 2023, alla luce delle novità 2023 (e comunque
non oltre il 31 dicembre di quest’anno), scaduta la prestazione potranno presentare la domanda per la MIA.
Si tratta di un’indennità per i nuclei familiari poveri, suddivisi tra “occupabili” e “non occupabili” (a seconda
dell’appartenenza al primo o al secondo gruppo l’importo cambia). La soglia ISEE dovrebbe essere inferiore
ai 7.200 euro annui.
Più precisamente, i potenziali beneficiari della MIA verranno divisi in due platee:
famiglie povere senza persone occupabili: rientreranno in questa categoria i beneficiari per i quali, in
famiglia, sono presenti persone non occupabili al lavoro, ovvero minorenni, disabili o persone sopra i 60
anni di età. In questo caso l’erogazione avverrà per 18 mesi, con un mese di stop, altri 6 mesi di erogazione,
cui seguirà uno stop di 18 mesi prima d’una nuova richiesta;
famiglie con persone occupabili: in questa categoria rientreranno le famiglie senza persone non occupabili,
e con persone occupabili dai 18 ai 60 anni di età. In questa fattispecie il contributo sarà percepito per 12
mesi, cui seguirà un mese di stop, seguito da eventuali altri 6 mesi di erogazione, cui seguirà uno stop di 18
mesi prima della presentazione d’una nuova istanza;
Secondo le prime ipotesi la MIA durerà per le famiglie povere senza occupabili circa 18 mesi, mentre per la
categoria di soggetti occupabili non potrà prolungarsi oltre un anno. Per quanto concerne gli importi, si
prevede, sempre secondo le ipotesi, l’erogazione di circa 500 euro per un soggetto solo, mentre per i
soggetti occupabili si prevede un assegno alleggerito a 375 euro. Una stretta potrebbe arrivare anche per
ciò che riguarda il sostegno aggiuntivo per il pagamento dell’affitto: attualmente il RdC prevede cifre fino a
280 euro al mese in aggiunta per consentire il pagamento dell’affitto ai disoccupati, mentre in futuro
questa aggiunta potrebbe essere tagliata o ricalcolata in base al nucleo familiare. Tuttavia è doveroso
precisare che agli importi di cui innanzi si aggiungerebbero le maggiorazioni derivanti dalla Scala di
Equivalenza (sulla base del numero di componenti si moltiplica al massimo per 2,1 oppure 2,2 se in famiglia
c’è un disabile, ergo tra i 1.050 e i 1.100 euro mensili). Com’è giusto che sia, a giudizio di chi scrive, un
singolo rifiuto all’inserimento lavorativo causerà la perdita della MIA. Tuttavia queste proposte di lavoro
saranno ricomprese entro la provincia o le provincie confinanti di residenza del lavoratore.
Per i migranti, viceversa, una notizia in positivo: tra i requisiti che verranno modificati c’è anche quello
dell’obbligo della residenza in Italia di 10 anni, che verrà ridotto a 5 anni. Buona nuove anche per i
possessori di partita IVA che, nel rispetto dei requisiti per l’accesso alla misura, potranno ottenere la MIA.
Chi è autonomo quindi deve dimostrare di rientrare nella soglia di reddito necessaria ad accedere alla
misura. Positivi anche i riflessi su quei datori di lavoro che assumeranno, a tempo determinato oppure
indeterminato, percettori di MIA: per essi previsti un esonero contributivo totale del 100% (fino a 8mila
euro l’anno); per 24 mesi per contratti a tempo indeterminato e ridotto del 50% per contratti a termine o
stagionali per 12 mesi.
Auspichiamo che l’ennesima introduzione d’uno strumento universale di contrasto alla povertà possa
funzionare davvero e serva a ridurre la stessa, e a colmare le diseguaglianze croniche tra il Mezzogiorno e le
altre zone d’Italia.
Giancamillo Trani