Il 28 ottobre 1870 aveva inizio lo svuotamento dell’antico lago di Agnano. Prosciugamento avvenuto grazie a un’opera, per i suoi tempi, tanto impegnativa quanto imponente e che ancora oggi fa bene il suo lavoro. Parliamo dell’emissario di Bagnoli. Una grande impresa di architettura idraulica, iniziata con i Borbone e terminata con i Savoia. La realizzazione di questo grande progetto di bonifica avvenne con la costruzione di una lunga galleria che, superando il rilievo vulcanico del Montespina, permetteva (e lo fa ancora oggi) alle acque dell’antico lago di riversarsi nel mare di Bagnoli.
Verso l’anno Mille, per effetto di rivolgimenti del suolo legati al fenomeno del bradisismo, nel cratere di Agnano si formò un grande lago con un perimetro di 7 chilometri.
Fin dal XV secolo le acque del bacino vennero adoperate per la macerazione della canapa. Una lavorazione inquinante che, a lungo andare e specialmente nei mesi estivi, contribuì a intorbidirne le acque e a contaminare l’ambiente circostante. Grande fu l’inquietudine nelle istituzioni deputate alla salute pubblica dell’epoca. L’aria malsana creava frequenti febbri palustri tra gli abitanti, non solo a quelli di Agnano, ma anche a quelli delle vicine Pianura, Soccavo e Fuorigrotta.
Fin dal 1836, sotto il regno di Ferdinando II, venne messo a punto un progetto di bonifica a cura dal cavaliere Ambrogio Mendia, allora ingegnere direttore delle Acque e Strade. Progetto che non si realizzò per l’opposizione dei proprietari terrieri che temevano la perdita di lauti guadagni. Ma anche per la mancanza di fondi da parte del governo borbonico. L’idea fu ripresa dal 1856 al 1861 con la proposta di imprenditori privati che stabilirono di accollarsi le spese, a fronte della concessione dei territori da essi prosciugati e resi fertili.
Il 10 febbraio 1861 venne firmata la convenzione con Domenico Martuscelli, banchiere di Napoli e proprietario della Società Anonima Napoletana; l’obbligo dettato dal Governo di Roma fu che l’opera venisse ultimata in 5 anni, pena la perdita di ogni diritto sui terreni prosciugati e delle spese fatte.
Un giornale dell’epoca riportò: Nell’ottobre del 1865 una brillante festa campestre adunava sul deserto lido una folla di gente, che colla sua occorrenza indicava il piacere con quale assisteva a questa funzione. S’inauguravano i lavori di prosciugamento di questo lago.
Circa 1500 metri la lunghezza di cui 1200 in galleria con un’altezza di 2,5 metri e una larghezza di 1,5 m. Una larghezza che consentiva il lavoro di un solo uomo per volta. Per il ricambio dell’aria numerosi furono i pozzi di ricambio dell’aria. I lavori cominciarono dal lato mare, nel caso di acque sorgive che dovevano defluire verso il mare. Due le fasi del lavoro. L’essiccamento per scarico a mare delle acque e per colmata, riempendo i fossati più depressi per colmata. In un suolo di natura vulcanica che a tratti esalava gas di anidride carbonica. Nella ricostruzione di Libero Campana è riproposto uno degli inconvenienti più grossi. Si trattò, infatti, di attaccare una “durissima concrezione di ferrugine” lunga 50 metri, per la quale furono necessarie otto settimane di lavoro continuativo di giorno e di notte a mezzo di paletti di ferro e zepponi, laddove in condizioni normali sarebbero bastati solo due giorni.
Così la notizia sulla Gazzetta Piemontese: Napoli, 29/10/1870. Ieri al lago di Agnano ebbe luogo la funzione già annunciata della inaugurazione dello scolo delle acque del lago al mare. Non ostante il cattivo tempo la folla era moltissima, ed oltre alle autorità civili e militari si notavano non poche signore. Il prof. Mendia, fece una relazione sui lavori eseguiti da cinque anni a questa parte, e dopo l’immancabile benedizione si aprirono le cateratte e le acque cominciarono a scendere sulle vie tracciate. Tutto riuscì con ordine.
La ricchezza delle 72 fonti termominerali della Conca, occultate dalle acque del lago fino a quel momento, venute così alla luce, diedero poi vita al grandioso complesso termale di Agnano nel parco sorgenti più esteso d’Italia. Ma questa è un’altra storia. Ora, piuttosto, è il momento del ricordo per un impegno mantenuto incessantemente per un secolo e mezzo da un’opera architettonica realizzata con grandi sacrifici di molte persone. Un riconoscimento a questo lavoro dell’uomo non merita forse una ricompensa postuma? Un momento di incontro collettivo sul posto? Magari, insieme con lo spirito evocativo con l’apposizione di una targa ricordo. Il Museo didattico del Mare di Napoli e l’associazione LUX in FABULA, insieme a Segni dei Tempi – sensibile da sempre alla cultura della memoria dei luoghi – ritengono proprio di sì.
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Il disegno dello scavo è di Libero Campana. L’immagine, una foto del 1930, è stata ricolorata da Giuseppe Jeff di Bitonto