Vita missionaria: un’esperienza che lascia il segno. Il racconto della veglia diocesana di ottobre





 

È stato molto bello vedere piena la chiesa del Sacro Cuore di Geù ai Gerolomini la sera di domenica 23 ottobre, in occasione della veglia missionaria diocesana. Provenienti da Pozzuoli a Bacoli, passando per Cappella, da Fuorigrotta a Monterusciello, da Quarto a Pianura, si sono ritrovati gli operatori impegnati a favore delle missioni, organizzando tutto l’anno adorazioni, veglie, cene, eventi di beneficenza e coordinando l’adozione a distanza.

Come sottolineato da Papa Francesco, “il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza autentica di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri” (Evangelii Gaudium, n. 9).

La Giornata missionaria mondiale, istituita nel 1926 da Papa Pio XI, è già arrivata alla novantesima edizione. In tutte le Diocesi i fedeli si riuniscono per ricordare, riflettere, raccogliere fondi per le missioni e i missionari, attraverso momenti di preghiera e solidarietà di diverso tenore, lasciati alla creatività e alla sensibilità di ogni territorio locale.

Inserendosi pienamente nel contesto dell’anno giubilare della misericordia indetto da Papa Francesco, il tema di quest’anno è stato “Nel nome della misericordia. Nel manifesto è stato riportato il grande e significativo sorriso di Madre Teresa di Calcutta, ormai santa, che lascia trasparire tutta la ricchezza di una vita davvero missionaria, spesa per gli ultimi tra gli ultimi, i malati e moribondi dei “fuori casta”. Questo il titolo che faceva da sfondo anche all’appuntamento consueto e sempre arricchente della veglia missionaria vissuta nella nostra diocesi, organizzata dal Centro missionario diocesano, coordinato da don Pasquale Mancuso, con la presenza del vescovo, monsignor Gennaro Pascarella. Durante la veglia di preghiera, insieme a canti e momenti di riflessione su brani dell’Evangelii Gaudium, sono state ascoltate le intense testimonianze di padre Antonio Guarino e di padre Sergio Agustoni, sulla loro lunga esperienza in missione (rispettivamente in Uganda/Malawi e in Messico/Perú), ma anche di un giovane dell’Uganda, James Owino, in Italia per completare gli studi teologici. La loro missione continua oggi a Castel Volturno, a servizio di una comunità di extra-comunitari, prevalentemente nigeriani.

Hanno raccontato numerosi aneddoti di vita missionaria, che in un attimo hanno trasportato tutta l’assemblea in luoghi lontani da scoprire e culture da cui apprendere, insieme ad alcuni motti d’effetto, come quello lanciato da padre Antonio: «Dovremmo fare tutti un trapianto di cuore, così da averne uno non più freddo e indifferente, ma in grado di amare l’altro, per sentirlo vicino come lo sentirebbe Gesù». Ecco la riscoperta della missione, che non rappresenta più solo un racconto di luoghi distanti e culture diverse dalla nostra, ma un incontro che ci parla autenticamente di Cristo, di come seguirlo, di come vederlo nell’altro, nel povero, nel sofferente, lasciando un segno nella nostra vita. Un richiamo formulato anche dal nostro vescovo, che ha espresso ringraziamenti verso i missionari, di fatto all’origine della sua chiamata vocazionale. Sono state le parole ardite e appassionate di un missionario, infatti, ad interrogarlo su cosa fare seriamente della propria vita.

Lorenza Radini

 

    





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